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Ecco le ultime cose turche che sta combinando Erdogan in Turchia contro i curdi

Selahattin Demirtaş e Figen Yüksekdağ, i due co-segretari del partito filo-curdo turco, l’Hdp, sono stati arrestati nella serata di giovedì insieme ad altri nove deputati. Una resa dei conti che potrebbe anche infiammare ulteriormente il conflitto civile in atto tra governo centrale e separatisti.

GLI ARRESTI

L’accusa con cui la polizia li ha condotti in carcere è di favorire il Pkk, il partito/milizia dei Lavoratori del Kurdistan impegnato in un guerriglia separatista contro il governo (la lotta armata dura da anni, ma si è riaccesa nel 2015 dopo una fase di stop). Demirtaş è stato fermato ad Ankara, mentre Yüksekdağ è stata arrestata a Diyarbakir, centro nevralgico del kurdistan turco, dove poche ore dopo gli arresti un’autobomba è stata fatta esplodere procurando la morte di otto persone e ferendone un centinaio. La città è da tempo oggetto di una vasta operazione militare, un rastrellamento per trovare i militanti del Pkk che è costato la vita a decine di soldati, vittime di imboscate, ma che non ha risparmiato i civili: le denunce parlano di una sorta di pulizia etnica messa in piedi dal governo, che i curdi (la più grande minoranza tra quelle presenti nel paese) stanno subendo indipendentemente dal livello del proprio attivismo. I due leader e gli altri politici dell’Hdp sono considerati colpevoli per non aver collaborato con le autorità riguardo alcune inchieste che interessano vicende in cui il terrorismo separatista del Pkk ha colpito in Turchia; il ministro della Giustizia Bekir Bozdag ha spiegato gli arresti dicendo che i fermati “non hanno rispettato la legge”. Tra gli arrestati ci sono anche Sırrı Süreyya Önder, che in passato aveva fatto da ponte col leader separatista Abdullah Öcalan quando il governo aveva dimostrato intenzioni di pacificare la lunga ribellione curda del Pkk, e İdris Baluken, il capogruppo parlamentare dell’HDP.

L’HDP

In realtà l’Hdp non ha legami diretti con il Partito dei Lavoratori Curdi e ogni connessione è stata sempre formalmente negata: il braccio armato del Pkk (l’Hpg, Hêzên Parastina Gel, forze di difesa popolare) è considerato un’organizzazione terroristica non solo dalla Turchia, ma anche da Stati Uniti e Unione Europea. A maggio il parlamento ha comunque votato una legge che toglie l’immunità ai politici dell’Hdp e di alcuni altri partiti minori: la decisione era stata fortemente spinta dal governo che ritiene il partito colluso con i separatisti combattenti. L’Hdp, Halkların Demokratik Partisi, partito democratico popolare, è un partito eterogeneo, fatto non solo di curdi e composto anche da sinistroidi, liberal, ambientalisti, attivisti per i diritti gay. Quest’ampia rappresentazione di condizioni civili e sociali spesso vessate dalle direttive governative ne ha fatto è il terzo partito nel Paese: è entrato per la prima volta in parlamento con le elezioni del giugno scorso, ottenendo 59 seggi. La presenza dell’Hdp è il più forte elemento di opposizione, e per certi versi un ostacolo, per le dinamiche politiche mosse dal presidente Recep Tayyp Erdogan (per esempio, col risultato del voto di giugno e l’exploit dell’Hdp Erdie non aveva ottenuto a giugno la maggioranza assoluta necessaria per compiere le modifiche costituzionali verso un presidenzialismo stringente). Per questo Demirtaş, che è un leader che ha molto consenso elettorale ed è il fautore del successo del suo partito, sostiene che sia in atto un complotto per far fuori dal Parlamento lui e gli altri rappresentati dell’Hdp. L’arresto dei segretari è uno dei colpi di scena più importanti e rientra nel lungo giro di vite con cui Erdogan sta da tempo serrando i ranghi del potere, reso ancora più forte e chiaro dopo il fallito golpe di luglio. Nell’ultima settimana il governo ha fatto mettere le manette anche a 13 giornalisti di Cumhuriyet – rimasto ormai uno dei pochi giornali non asserviti alla linea presidenziale – mentre un mese fa sono stati arrestati i due co-sindaci di Diyarbakir. Il 10 ottobre del 2015 un corteo pacifico a sostegno dei curdi organizzato dall’Hdp fu colpito da un attentatore kamikaze probabilmente collegato allo Stato islamico.

I CURDI

Dopo il golpe le attività repressive non si sono dirette solo contro i gulenisti, i seguaci di Fetullah Gulen (predicatore auto esiliatosi in America ritenuto responsabile del tentativo di colpo di Stato), ma hanno interessato tutte le opposizioni. Soprattutto i curdi. Il 24 agosto Ankara ha inviato una spedizione militare in Siria con l’intento di liberare, attraverso un gruppo di ribelli appoggiati da forze speciali, mezzi corazzati e copertura aerea, le aree di confine dalla presenza dello Stato islamico. In realtà però la missione, ancora in atto, ha anche un duplice scopo, perché in quella zona i curdi siriani, che ricevono il sostegno statunitense in quanto Washington li considera alleati fidati contro l’IS, stavano aumentato il territorio sotto il proprio controllo. L’ambizione del Rojava, come viene auto-definito il Kurdistan siriano, è incompatibile con le visioni politiche di Ankara: la scusa è che i curdi siriani delle milizie combattenti Ypg e Jpg sono alleate del Pkk (e in alcuni casi potrebbero anche aver fatto attentati in Turchia), ma lo scenario realistico è che le rivendicazioni indipendentiste calcate approfittando della crisi siriana erano un rischio da non correre per Erdogan, perché i curdi turchi avrebbero potuto pressare su pretese simili.

(Al momento della stesura di questo pezzo, fonti locali hanno riferito che la connessione internet è stata disabilitata in tutta Istanbul e in alcune altre città: un provvedimento già notato nelle fasi più intense, come quelle dopo gli attentati, per evitare la diffusione di troppe informazioni. In Turchia è in piedi da luglio lo stato di emergenza che permette al governo poteri eccezionali per decisione diretta ed esecutiva).

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