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Vi spiego gli arzigogoli con cui la Cgil di Camusso vuole azzoppare i voucher

susanna camusso

Ricordate quel personaggio di Luigi Pirandello che si reca in un ufficio pubblico a chiedere il rilascio della patente di iettatore? In un film ad episodi di tanti anni or sono lo interpretò il grande Totò: tutto vestito di nero, con tanto di occhiali neri. Essendo considerato un menagramo voleva che questa sua condizione gli fosse riconosciuta dalle autorità in modo da potersene servire come professione. Il paragone è un po’ forzato, ma ci è venuto in mente lo stesso quando abbiamo letto che cosa dovrebbe fare un lavoratore interessato a svolgere delle prestazioni occasionali secondo la Cgil di Camusso che, come sappiamo, ha dichiarato guerra ai voucher. Come abbiamo già avuto occasione di ricordare in questa rubrica, la Cgil ha presentato un progetto di legge di iniziativa popolare – la Carta dei diritti universali del lavoro – che riscrive di sana pianta il diritto del lavoro (incluso il diritto sindacale). All’argomento del lavoro occasionale sono dedicati ben un Capo (il IV) e due articoli (80 e 81). Si comincia con l’elenco delle attività nell’ambito delle quali cui sarebbe consentita questa tipologia di lavoro (attraverso un vero e proprio contratto tipizzato): a) i piccoli lavori di tipo domestico familiare, compresi l’insegnamento privato supplementare, i piccoli lavori di giardinaggio e l’assistenza domiciliare occasionale ai bambini e alle persone anziane, ammalate o con handicap; b) la realizzazione da parte di privati di manifestazioni sociali, sportive, culturali o caritatevoli di piccola entità. Mentre ci interroghiamo sul significato e la portata del sostantivo “piccoli”, passiamo all’individuazione dei limiti soggettivi. Potrebbero svolgere lavoro subordinato occasionale i seguenti soggetti: a) studenti, b) inoccupati, c) pensionati; d) disoccupati non percettori di forme previdenziali obbligatorie di integrazione al reddito o di trattamenti di disoccupazione, anche se extracomunitari regolarmente soggiornanti in Italia nei sei mesi successivi alla perdita del lavoro. Il singolo lavoratore potrebbe essere occupato presso lo stesso datore di lavoro, in virtù di uno o più contratti di lavoro subordinato occasionale, per un periodo di tempo complessivamente non superiore a 40 giorni nel corso dell’anno solare, ed i relativi compensi non possono essere superiori a € 2.500. Balza subito in evidenza l’assurdità di un perimetro tanto ristretto per l’utilizzo del lavoro occasionale: un’assurdità che si accompagna subito a quella altrettanto grave del divieto per i percettori di ammortizzatori sociali (condannati a restare inattivi in nome di un principio che non riusciamo a comprendere).

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Ma il bello viene quando si passa alla fase operativa, per spiegare la quale ci avvaliamo sostanzialmente del commentario della stessa Cgil. È qui che entra in gioco il paragone con la patente del menagramo. L’articolo 81 stabilisce le modalità di funzionamento e di utilizzo del lavoro occasionale e gli adempimenti ai quali si devono attenere i datori di lavoro e i lavoratori. Si prevede un sistema di piena tracciabilità dei buoni (schede) in modo da eliminare ogni possibile abuso di questo istituto. Ogni lavoratore interessato a svolgere prestazioni di lavoro subordinato occasionale, comunica la sua disponibilità ai servizi per l’impiego nell’ambito territoriale di riferimento, o ai soggetti accreditati di cui all’articolo 7 del D. Lgs. 10 settembre 2003, n. 276. Riceve una propria tessera magnetica dotata di un codice Pin. I datori di lavoro/committenti acquistano le schede, dotate ognuna di un proprio codice a barre, presso le rivendite autorizzate fornendo i propri dati anagrafici ed il proprio codice fiscale. La retribuzione del lavoratore avviene mediante la consegna delle schede da parte dei datori di lavoro. I lavoratori possono riscuotere i compensi attraverso la presentazione della tessera magnetica e del relativo Pin e la consegna delle schede presso le rivendite autorizzate. Ogni scheda ha un valore nominale di 10 euro e corrisponde ad un’ora di lavoro (proprio come gli stramaledetti voucher). La scheda è comprensiva dei contributi previdenziali (1,30 euro) per il fondo pensioni lavoratori dipendenti e della copertura assicurativa Inail (0,70 euro). Una quota (0,50 euro) è per le spese di servizio. Il valore netto a favore del lavoratore è pari a 7,50 euro per ogni scheda. Viene confermato che i compensi per le prestazioni sono esenti da imposizione fiscale e non incidono sullo stato di disoccupazione o inoccupazione del lavoratore. In sostanza, sarebbe più difficile svolgere attività di lavoro occasionale (in settori limitatissimi) che qualsiasi altre mansioni.

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In sostanza i voucher rimarrebbero come forma di pagamento (anche la Cgil, in fondo, ne riconosce la praticità); ma per servirsene andrebbe organizzata tutte le volte una sorta di corsa ad ostacoli.

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Antonio Tajani ha surclassato Gianni Pittella ed è il primo presidente italiano del Parlamento europeo. Bene. Almeno questa volta abbiamo evitato di farci riconoscere.

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Nel tinello di Giovanni Floris Virginia Raggi se la è cavata benino. In fondo ad invitarla le hanno fatto un favore. Non è che il terzo grado dell’interrogatorio fosse tutta una finzione per aumentare l’audience?

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