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Poste Italiane, tutte le ultime novità su conti, vendite e privatizzazione

Il trasferimento della Banca del Mezzogiorno ad Invitalia, i tempi e le prese di posizione sulla seconda trance della privatizzazione e le stime sul 2016. Ecco tutte le novità di Poste Italiane, la società guidata da Francesco Caio, presieduta da Luisa Todini e quotata in borsa dal 2015.

LA CESSIONE DELLA BANCA DEL MEZZOGIORNO

La scorsa settimana Poste italiane ha ceduto l’intero pacchetto azionario di Banca del Mezzogiorno-Medio Credito Centrale, ad Invitalia, l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa. Il valore complessivo dell’operazione relativa alla banca nata con l’obiettivo di sostenere, principalmente nel Mezzogiorno, le Pmi mediante l’erogazione di finanziamenti e la gestione di fondi di garanzia pubblici, è pari a 390 milioni di euro.  Il suo perfezionamento – si legge in una nota ufficiale – “è previsto entro i prossimi 3 mesi, subordinatamente all’approvazione da parte del Ministero dello Sviluppo Economico, della Banca d’Italia e della Banca Centrale Europea”.

“Con questa operazione Poste Italiane  prosegue nell’attuazione del suo Piano industriale focalizzato su tre principali aree di business – corrispondenza e logistica, pagamenti e servizi finanziari, risparmio e assicurazioni – su cui il Gruppo ha deciso di concentrare investimenti e allocazione di capitale per perseguire importanti obiettivi di innovazione e crescita”, ha commentato Caio.

PARERI E TEMPI DELLA PRIVATIZZAZIONE

Il governo e la società di Caio, secondo gli ultimi aggiornamenti, sono pronti a rimettere mano alla privatizzazione. La cessione della prima tranche (29,7%) partita a ottobre 2015, è stata archiviata a maggio scorso, ma fin da quella data sembrava imminente il collocamento sul mercato di un altro 30%. Ma le perplessità di alcuni sindacati e i problemi in borsa, hanno spinto il Tesoro a rinviare la privatizzazione.

Per il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, intervenuto in audizione al Senato, un nuovo round di privatizzazioni, che includerebbe la messa sul mercato sia di Poste Italiane che di Fs, garantirebbe l’aggiustamento richiesto dalla Ue nel rapporto tra debito e Pil. I tempi? “Il Mef detiene una partecipazione residua nel capitale di Poste pari al 29,7%” che “sarà dismessa verosimilmente nella primavera o nell’estate”, ha detto il ministro per lo Sviluppo economico, Carlo Calenda, intervenendo nel Question Time alla Camera.

Unica nota stonata nell’esecutivo è stato il sottosegretario allo Sviluppo Economico Antonello Giacomelli che in un’intervista su Repubblica ha dichiarato di essere contro una nuova cessione delle quote di Poste.  La collocazione sul mercato della seconda tranche (29,7% ) di Poste Italiane dovrebbe portare nelle casse del Tesoro circa 2,4 miliardi di euro, mentre la quotazione del 35,3% della società, realizzata nell’ottobre 2015, aveva generato entrate per 3,1 miliardi.

“Da parte mia, posso solo dire che sinora la privatizzazione di Poste è stata un successo. Siamo un’azienda sul mercato, con un efficace meccanismo di governance e che ha rafforzato la propria missione sociale”, ha detto Caio in un’intervista a la Stampa.

LE STIME SUL 2016

Per quanto riguarda invece le stime sul 2016 e sul dividendo si apprende dal Sole 24 Ore che la nuova dividend policy sarà resa nota prima della collocazione della seconda tranche e che Poste Italiane è pronta a confermare la politica dei dividendi annunciata al momento dell’Ipo e pari, per il 2015 e il 2016, all’80% dell’utile netto.
“La società potrebbe confermare il pay-out all’80% almeno per i prossimi due anni, assecondando in questo modo un’aspettativa degli investitori che è emersa anche in occasione di un road-show che si è tenuto a Londra lo scorso 30 gennaio. La dividend policy verrà resa nota in ogni caso prima della cessione sul mercato della seconda tranche, in programma per giugno mercati permettendo”, ha scritto Laura Serafini spiegando che le previsioni per l’anno seguono il trend dei conti dei 9 mesi: “Sarebbe confermata la tenuta dei recapiti, con una contrazione dei ricavi che scende a una cifra, la crescita dei pacchi, con volumi in aumento a due cifre, ricavi del Bancoposta attorno a 5 miliardi e il settore assicurativo sempre in espansione”, si legge sul quotidiano della Confindustria.

LA SFIDA DI CAIO

Ma Caio, vincerà la scommessa sui conti e riportare quindi i margini e l’utile netto ai livelli di partenza?
“Il mercato si attende un risultato operativo attorno a un miliardo (contro i 691 milioni di fine 2014) e un utile netto tra 600 e 630 milioni. Dunque, – ha scritto Serafini – gli spazi per incrementare il dividendo per azione ci sono. Sulla base dei risultati attesi, gli investitori puntano sulla riconferma del pay-out all’80% che, a fronte di un utile netto maggiore, garantirà un dividendo in crescita (0,4 euro il dividendo atteso in pagamento quest’anno dagli analisti). A fronte della cedola crescente, gli investitori sono interessati a comprare anche se il titolo oggi si trova sotto il prezzo di collocamento (6 euro contro 6,75 euro dell’Ipo)”.

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