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Haftar e Serraj non si sono incontrati al Cairo: Alfano, Lavrov e Tillerson sì

Lunedì 13 febbraio l’Ansa aveva ricevuto informazioni attraverso “una fonte aeroportuale” a proposito di un incontro già avvenuto tra Fayez Serraj, il premier designato dall’Onu per unificare la Libia, e il generale Khalifa Haftar, la principale della opposizioni che gravita nell’est del paese (ce ne sono anche ad ovest, ma sono di portata minore e più corruttibili). Luogo del vertice il Cairo: l’Egitto è un paese che da sempre sostiene le ambizioni (egemoniche) di Haftar, ma ultimamente pare aver capito che il generale non avrà mai la forza per prendersi l’intero paese e dunque ritiene meglio mediare; tra l’altro gli egiziani possono contare anche sul ruolo della Russia, ma a quanto pare Mosca non ha troppe intenzioni di mettere dietro Haftar né il suo peso diplomatico né quello militare. Di là Serraj è sostenuto dall’Onu e dall’Europa e prima dall’America: prima perché adesso con Donald Trump presidente la linea sulla Libia non è chiara, e non si può escludere che il passaggio finale sia un’intesa russo-americana.

Intanto l’incontro tra Haftar e Serraj, su cui lunedì i media locali hanno seguito un rimpiattino per ore, non c’è stato. Le informazioni più attendibili raccontano che entrambi erano nella capitale egiziana, ma Serraj ha attesto invano, per un giorno intero, di vedere il generale, e poi è ripartito. Secondo alcune ricostruzioni Haftar, che dunque sembra mantenere la linea nota di non volere accordi, avrebbe anche rifiutato di vedere il presidente egiziani Abdel Fattah al Sisi, ma si sarebbe limitato a incontrare il capo di stato maggiore egiziano (che ha visto anche Serraj). L’atteggiamento del generale è rischioso, perché l’Egitto è il fulcro del suo successo: se esce il Cairo, con ogni probabilità uscirà anche la Russia, che si sta muovendo in Libia su quel lato anche per passare da buon amico con gli egiziani (sul tavolo accordi su commesse commerciali russe che dovrebbero finire in Egitto).

Nel frattempo a Bonn, in occasione del ministeriale del G20, il ministro degli Esteri italiano Angelino Alfano ha incontrato separatamente gli omologhi Rex Tillerson, americano, e Sergei Lavrov, russo, a margine del G20. In entrambe le conversazioni la stabilizzazione della Libia è stato uno dei punti di colloquio, e la Farnesina ha espresso sensazioni positive nelle note diplomatiche sugli incontri. La Russia apprezza l’approccio pragmatico italiano, che tradotto sulla situazione libica significa non escludere che Haftar possa far parte del percorso politico (è la linea ribadita dall’ambasciatore italiano a Tripoli Giuseppe Perrone: “Haftar è parte della soluzione”). Pare sia già in studio una road map per emendare il trattato di Shikrat, quello siglato sotto egida Onu per un governo di accordo nazionale, in modo da creare una struttura di Difesa che possa accogliere il generale. Il problema però è nel rifiuto ostinato di Haftar, che pare stia facendo indispettire sia il Cairo che Mosca. Molto del futuro si snoderà attorno al ruolo che Washington deciderà di giocare perché da lì dipenderà quanto peso diplomatico gli attori esterni decideranno di mettere nel processo di rappacificazione; per il momento il maggiore impegno lo sta mettendo l’Italia.

Ieri, 17 febbraio, è stato l’anniversario della rivoluzione contro il rais Gheddafi: sono passati sei anni, senza una soluzione unitaria per il paese.

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