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Cosa si è detto (e cosa non si è detto) della visita di Papa Francesco a Milano

papa francesco

“Non preoccupatevi dei numeri…”. La sollecitazione di Papa Francesco ai religiosi milanesi non si è estesa ai titolisti dei grandi giornali, molto presi dai numeri. “Un milione a Monza con il papa”, “ottantamila a San Siro”. Titoli scritto poco dopo che lui aveva detto: “La priorità non è occupare spazi, ma avviare processi”.

Bergoglio, forse per l’assenza delle agenzie, nelle redazioni è parso poco ascoltato. Poco propenso a superare il trionfalismo, felice dell’oceanismo, il sistema mediatico non ha valorizzato sempre il messaggio. Ma quali processi ha avviato il Papa a Milano? L’idea di confrontare i “suoi numeri” con quelli romani, dove i leader europei erano usualmente isolati, non è parsa molto felice, e neanche molto fondata. Fino a ieri gli occhi di tutti erano sulla sicurezza, sul rischio attentati, ora che non ci sono stati è giusto rimuoverli?

Nel complesso si può affermare che con quanto detto e quanto fatto Bergoglio ha trovato il modo di parlare a credenti e non credenti, divenendo oggettivamente non solo un leader religioso ma un riferimento morale, prezioso anche per chi a Roma cercava di riavviare l’Europa. Il Papa delle periferie ha avviato il suo cammino milanese dalle periferie, incontrando famiglie “normali”, cristiane e no. Questo messaggio insieme all’uso della toilette chimica ha detto ai fedeli che il Papa è un uomo, non un semidio, ai non credenti che solo il servizio saprà rendere nobiltà alla politica, ma il cammino lo dobbiamo avviare “noi”, non “loro”.

La visita a San Vittore è stata invece vero e proprio “gesto che avvia un processo”. Non è stata solo una visita, ma pranzo e riposo con loro, da loro. In questo modo il Papa ha cercato di avviare un processo di recupero nella realtà urbana, cioè nel nostro quotidiano, di quel che noi dalla nostra realtà rimuoviamo. Non solo perché la lotta al terrorismo parte da lì, ma perché da lì parte l’idea di giustizia e di società. Continuare in una giustizia che “reclude” e poi getta le chiavi, invece che nell’integrazione riparativa, allargherà il solco, la rabbia, la cesura di ampi settori dalla nostra società.

Il leader morale ha saputo parlare senza distinzioni a credenti e non credenti, e ha parlato di valori che è oggettivamente auspicabile tornino nella testa e nel cuore dei cittadini europei, perché sono la base dell’identità europea, della sua storia credente e non credente, cristiana, umanista e illuminista.

Il trionfalismo delle masse è invece un’arma usata, forse inconsapevolmente, contro Bergoglio, per riportarlo in una Chiesa che pensa a occupare spazi invece di avviare processi. E il processo di riscoperta del “sogno europeo” ieri è stato molto efficace, grazie alla coincidente riunione romana.

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