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Il peso dei dispiegamenti militari russi per l’Occidente

La Russia è uno dei macrotemi del momento in Occidente: si passa dalle indagini negli Stati Uniti per eventuali ingerenze e collusioni nelle elezioni presidenziali, alle preoccupazioni che le misure attive messe in campo in America possano colpire anche le elezioni di importanti paesi europei (come Francia e Germania) e possano influenzare l’azione politica in altri (come l’Italia), o ancora, complicare situazioni già complesse come in in Libia. Fino ad arrivare a situazioni più materiali, come i dispiegamenti armati visti in Siria, o in Ucraina, o sull’Artico e ai confini Nato. Quadri a cui l’Allenza ha risposto con (modeste) misure di deterrenza come quelle che prevedono il dispiegamento di un centinaio di soldati italiani nell’ambito in Lettonia. Formiche.net ha affrontato questo genere di tematiche più strettamente militari con Lorenzo Carrieri, analista che collabora con diversi centri di ricerca e con la rivista americana FairObserver, postgraduate student presso School of Advanced International Studies della Johns Hopkins University, specializzato in international security.

IL DISPIEGAMENTO DI NOVEMBRE

Uno dei luoghi da osservare è Kaliningrad, che mesi fa ha fatto notizia. “Esattamente. Il 21 novembre 2016, una fonte del ministero russo della Difesa confermava lo schieramento da parte della Russia di lanciamissili Bastion a Kaliningrad, che è un’enclave al confine con due paesi membri della Nato, Lituania e Polonia. La notizia ha contribuito ad esacerbare ulteriormente la tensione tra i vicini baltici membri Nato e il gigante russo, già abbastanza alta da un paio d’anni a questa parte”. 

IL PESO POLITICO-MILITARE

Cosa significa il dispiegamento a Kaliningrad di questo sistema missilistico mobile per i rapporti tra Nato e Russia? “Difficile da stabilire con esattezza, ma quel che è certo è che la strategia di sicurezza russa esposta dal presidente Putin a inizio 2016 fa esplicita menzione dell’ammodernamento degli armamenti come strumento per garantire alla Russia lo status di superpotenza (si cita per esempio la costruzione di un nuovo bombardiere stealth, l’aumento delle piattaforme di cyber-warfare, il rinnovamento della flotta di sottomarini), a seguito di quello che il Cremlino percepisce come un declino dell’ordine liberale a guida americana”. Dunque più che una manovra militare di routine, andrebbe interpretata come un esplicito tentativo russo di ridefinire la sua orbita d’influenza sugli stati baltici e, quindi, di forzare la Nato a mosse avventate? “Molti analisti americani ed ex generali con un passato nella Nato, spingono perché l’Alleanza si muova per colmare il gap militare con la Russia, dimostrando la necessità di una maggiore potenzialità e integrazione dei sistemi anti missilistici nel medio e lungo-periodo, nonché per un’acquisizione di tecnologie di ultima generazione da parte europea-in termini non soltanto di procurement industriale ma anche di collective defense (implementazione del protocollo EPAA- European Phased Adaptive Approach)”.

LE POSIZIONI POLITICHE

Il dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha criticato questo military build-up come “destabilizzante per la sicurezza della Russia e dei suoi vicini” e ha aggiunto: “Chiediamo alla Russia di astenersi da parole o atti che non siano coerenti con l’obiettivo di promuovere la sicurezza e la stabilità”. “Sì – aggiunge Carrieri – e per risposta il portavoce di Vladimir PutinDmitry Peskov, ha difeso quel dispiegamento, sostenendo che era una risposta alla espansione della Nato e dicendo che la Russia sta facendo tutto ciò che è necessario per proteggersi dalla presenza  dell’Alleanza ai suoi confini. Peskov ha definito la Nato ‘un blocco aggressivo’”. Anche il Ministero della Difesa lituano, per esempio, aveva criticato il dispiegamento, avvertendo la Nato che la mossa mirava a vincolare il movimento delle navi dell’Alleanza nel Mar Baltico. Parliamo di preoccupazioni fondate? “Certamente, ma è anche importante ponderare con cautela quanto riportato dai media russi. A differenza del dispiegamento dei missili da crociera Kalibr, con raggio di azioni al di sopra dei 2000 km, i Bastion e Bals non aumentano radicalmente la portata delle forze russe a Kaliningrad. Certamente rafforzano la bolla di difesa aerea presente, così da aggiungere un ulteriore livello di complessità per qualsiasi forza che cerchi di penetrarla. Ma mentre la sfida non è da sottovalutare, la capacità dei sistemi d’arma non deve essere nemmeno sopravvalutata”.

LE MOTIVAZIONI STRATEGICHE STORICHE

Perché la Russia ha questa visione aggressiva passiva e attiva? “Possiamo accedere per similitudine al periodo della Guerra Fredda: per esempio, dei più famosi lavori è quello legato al ruolo delle rappresentazioni culturali nelle decisioni strategico-militari dell’Unione Sovietica di JL Snyder. Snyder, nella sua analisi della dottrina nucleare sovietica (siamo nel 1977), concludeva che la Russia esibiva una preferenza per l’uso della forza preventiva”. E il motivo? “Secondo lo studioso l’origine di tutto ciò era rintracciabile nella particolare storia d’insicurezza e senso di vulnerabilità sviluppato a seguito delle invasioni subite dal paese (dai Mongoli fino all’Operazione Barbarossa di Hitler, passando per Napoleone e le Armate Bianche anti-bolsceviche)”. Questa è soltanto una chiave interpretativa, spiega Carrieri, che attinge però all’attualità della fase politica russa.

DEBOLEZZA OCCIDENTALE?

Altre interpretazioni? “Per esempio, ci sono autori come Marcel Van Herpen, che spiegano il comportamento odierno in politica estera della Russia come il prodotto di una interazione tra la condizione interna dello Stato, caratterizzata da un’alta vulnerabilità economica (fluttuazioni dei prezzi di base delle materie prime, valuta debole, capitalismo clientelare), e quella del sistema circostante, caratterizzata da insoddisfazione per lo status quo e vincoli/margini di manovra esterni (istituzioni internazionali deboli, poca credibilità politica e militare della Nato e UE)”.

E LA RISPOSTA

In conclusione, cosa implica tutto ciò per la NATO e la nuova amministrazione americana di Trump? “In primo luogo sarebbe opportuno che l’Occidente si rendesse conto di avere a che fare con un attore che ragiona in una logica realista, lontana dall’internazionalismo liberale tipico delle democrazie occidentali: agli occhi di Putin, per esempio, l’indebolimento del potere americano a livello internazionale offrirebbe spazi di manovra sfruttabili al fine di ristabilire un’orbita di influenza sulle aree ex-sovietiche”.

(Prima parte dell’intervista/analisi)

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