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L’amicizia tra Trump e Flynn è al centro dei guai della Casa Bianca

Russiagate

Secondo il presidente americano Donald Trump la nomina da parte del dipartimento di Giustizia di uno special counsel per dirigere l’indagine sulle potenziali collusioni tra il piano elettorale di Trump e quello russo per interferire nelle elezioni presidenziali, il Russiagate, è una “caccia alle streghe”, che “fa male al nostro paese” (perché “ci mostra divisi”), messa in piedi solo perché i democratici hanno perso le elezioni e non ci stanno.

ALMENO DICIOTTO CONTATTI NASCOSTI

Però la questione – spinta dal licenziamento del capo dell’Fbi e dalle presunte pressioni fatte dal presidente sul suo operato – è su un piano inclinato e continua a scivolare. I media corrono con gli scoop. La Reuters scrive che ci sono stati almeno 18 contatti “undisclosed“, ossia non dichiarati, tra uomini della campagna Trump e funzionari governativi russi. Sei di questi sarebbero telefonate tra Michael Flynn e l’ambasciatore russo Sergei Kislyak: su queste Flynn, consigliere durante la corsa elettorale, amico di Trump, poi nominato a capo del National Security Council, ha mentito all’Fbi e al vice presidente. Per questo è stato costretto a dimettersi.

IL MOTIVO DELL’INDAGINE SEPARATA SU FLYNN

Flynn è il centro della situazione. Sul suo conto indaga l’Fbi anche separatamente al Russiagate: avrebbe lavorato per la Turchia senza registrarsi come “foreign agent” (è un reato federale non iscriversi alla lista dei lobbysti), e c’è un pagamento sospetto da parte dei russi. La McClatchy ha la notizia del momento su di lui: Flynn avrebbe bloccato il piano dell’amministrazione Obama per armare i curdi siriani nella battaglia per riprendere Raqqa (la roccaforte siriana dell’IS). Il piano alla fine è passato, ma quando Flynn non era già più consigliere. Sullo sfondo l’assegno da 500mila dollari che Ankara aveva pagato a Flynn per essere rappresentata a Washington – soldi presi senza essere registrato alle lista dei lobbisti – attraverso una società olandese. Il Grand Jury di Alexandria, in Virginia, ha già richiesto i documenti della Flynn Intel Group, che  è la ditta con cui Flynn gestiva quegli affari.

TRUMP SAPEVA DEI FEDERALI, MA L’HA VOLUTO UGUALE

Sempre su Flynn e sotto questa linea: il New York Times ha scritto che lo staff di Trump era a conoscenza dell’indagini dell’Fbi su Flynn –era stato lui a rivelarlo ad alcuni componenti del transition team – per il lavoro da lobbista non registrato per la Turchia. Lo sapeva settimane prima dell’ingresso alla Casa Bianca, ciò nonostante la sua nomina a Consigliere per la Sicurezza nazionale non è stata bloccata (la nomina è diretta e decisa dal presidente). Dunque Flynn per tutto il suo incarico ha avuto pieno accesso ai dati di intelligence americani, anche i più sensibili, mentre era sotto inchiesta dei Federali per contatti sospetti con un (due, con la Russia, su cui sta indagando l’ispettorato generale del Pentagono) paese straniero. Tra le info a sua disposizione: i movimenti americani al fianco dei curdi, nemici dei turchi, che avevano pagato a Flynn un bel conto. Qualcosa non fila? Sembrerebbe.

LE PRESSIONI SUL RILUTTANTE FLYNN

Il Daily Beast ce n’ha un pezzo in più: il presidente Trump ha fatto pressione perché “un riluttante” Flynn accettasse il posto offertogli, nonostante le perplessità espresse a Trump per via dell’indagine dell’Fbi. Trump aveva provato a rassicurarlo che tanto l’indagine del Bureau si sarebbe conclusa per il meglio, e Flynn avrebbe potuto lavorare liberamente. Pochi giorni fa il New York Times ha pubblicato un’indiscrezione bollente a proposito di un memo redatto dopo una conversazione col presidente da James Comey, ai tempi di quell’incontro ancora direttore dell’Fbi: Trump gli aveva chiesto di mollare l’indagine sul conto di Flynn. Era il giorno dopo delle dimissioni del consigliere. Tra le notizie: Comey ha accettato di parlare, a porte aperte, davanti alla Commissione Intelligence del Senato, che sul Russiagate sta conducendo un’indagine propria (data tbd, ma potrebbe essere un passaggio importante della vicenda). Giovedì, a un giornalista che gli ha chiesto qualche commento sulla stiria con Comey, Trump ha risposto: “No. No. Next question”.

C’È SOLO AMICIZIA?

Dicono le fonti del DB che Trump sotto sotto spera che, una volta finita l’inchiesta dell’Fbi, Flynn possa tornare alla Casa Bianca come collaboratore. È per una questione personale, amicizia, oppure c’è qualcosa di più segreto è compromettente che lega i due?

I DUE AMICI ANCORA IN CONTATTO?

Trump e Flynn, in qualità di amici, sarebbero anche rimasti in contatto secondo le informazioni di Yahoo News, nonostante gli avvocati di entrambi glielo avessero sconsigliato: il fatto “potrebbe sollevare ulteriori domande sulla richiesta del presidente all’ormai ex direttore dell’Fbi James Comey di chiudere un’indagine federale” sul conto di Flynn, scrive il giornalista Michael Isikoff (che per Yahoo ha ottenuto le informazioni su un pranzo avvenuto il 25 aprile in Virginia tra Flynn e alcuni suoi fedelissimi, durante il quale l’ex consigliere avrebbe parlato di un messaggio avuto direttamente dal presidente: “Tieni duro” gli avrebbe detto Trump).

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