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La guerra americana al Califfato di Raqqa vuol creare problemi ai russi, dicono da Mosca

Mercoledì la marina russa ha lanciato quattro missili da crociera Kalibr, due dalla fregata lanciarazzi “Admiral Essen” e due dal sottomarino “Krasnodar”, in Siria. Le due unità navali si trovavano nel Mediterraneo, e il comando centrale russo dice di aver avvisato Turchia, Stati Uniti e Israele (oltre che il governo siriano), del lancio, che ha avuto come obiettivo alcune postazioni dello Stato islamico nei pressi di Palmira.

I RUSSI COMBATTONO, ANCORA, A PALMIRA

Palmira è una città monumentale che si trova in Siria centrale ed è uno degli unici fronti aperti dalla Russia contro l’IS (l’altro è a Deir Ezzor, più a est). Negli ultimi mesi la città, prima conquistata dallo Stato islamico che ha inscenato tra i resti del teatro romano video propagandistici, è stata oggetto di scontro tra soldati siriani (s’intende, il solito mix di milizie sciite a sostegno del regime e forze speciali russe) e i baghdadisti. È stata riconquistata (con un concerto sinfonico organizzato da Mosca proprio tra le antiche macerie che avevano fatto da sfondo alle bandiere nere dell’IS) e poi è ricaduta. Le date: giugno 2015 la conquista dell’IS, marzo 2016 la prima liberazione russa, dicembre 2016 la controffensiva e la riconquista baghdadista.

L’UOMO FORTE, CHE SOFFRE

Ancora si combatte, dunque la Russia non sta schiacciando i terroristi. E questo è un fatto che rappresenta un argomento solido, ma viene facilmente ignorato da chi dipinge Vladimir Putin come il leader della guerra globale contro le barbarie jihadiste. Tra questi per esempio i media outlet del Cremlino come Sputnik, che sulla situazione emanano una costruzione alterata.

L’ARTICOLO DI SPUTNIK, UN ESEMPIO

In un articolo uscito oggi, il sito di notizie e propaganda finanziato dal Cremlino dà un ottimo esempio della narrativa russa. Mette un titolo realistico, “I militanti del Daesh lasciano Raqqa, attraversano l’Eufrate”: i baghdadisti sono effettivamente in ritirata da Raqqa, la roccaforte siriana assediata dalle milizie Sdf aiutate dagli Stati Uniti, per stringere una nuova linea di controllo che scorre lungo – e attraverso – il corso dell’Eufrate. Questa linea è spesso chiamata “Corridoio dell’Eufrate”, una lingua di terra che costeggia il corso del fiume e che da Raqqa scende (nordovest-sudest) verso al Bukamal e il confine iracheno; in mezzo al Mayadin, considerata un nuovo fortino in cui si sono rifugiati i capi jihadisti).

DEIR EZZOR

Lungo questo corridoio c’è Deir Ezzor, città petrolifera, dove una bastione di militari siriani (con i soliti aiutanti: è questo, si diceva, il secondo fronte russo anti-IS) resiste, assediata da mesi in un fazzoletto di terra, ai continui assalti dell’IS che controlla il resto del territorio. Ora Sputnik, che diffonde molta disinformazione dolosa per costruire l’immagine russa (del Cremlino e di Putin), sostiene che il piano strategico americano, mosso attraverso gli alleati curdo-arabi che stanno combattendo il Califfato a Raqqa, è esattamente questo: far spostare i baghdadisti verso sud, ossia verso le zone in cui ci sono i russi ad ingaggiare il conflitto. Palmira e Deir Ezzor, e infatti le Sdf avrebbero fermato la loro offensiva (ma in realtà non è così).

IL MEGAFONO

Vale la pena notare che Palmira si trova a 247 chilometri di distanza da al Maydin e li divide un’area sostanzialmente desertica su cui muoversi significa diventare bersagli facili per le forze aeree che stanno combattendo il Califfato. Tuttavia Sputnik riporta questo spostamento, e si fa megafono dell’analisi fatta ‘post-Kalibr’ dal ministro della Difesa russo Sergei Shoigu giovedì che mixa la disinformazione anti-occidentale alla sindrome dell’accerchiamento. È vero che i baghdadisti stanno scendendo verso sud, ma lo stanno facendo da mesi, in vista della fase finale della liberazione di Raqqa – attualmente in corso. Nel potpourri il ministro ci mette anche che l’attacco con i missili da crociera – nota tecnica: gli esperti concordano che è stato soltanto una scelta propagandistica perché tatticamente un bombardamento aereo sarebbe stato più efficace per colpire un convoglio armato – è servito a prevenire lo spostamento degli uomini del Califfato verso Homs e Hama. Due città che sono ancora più distanti di Palmyra, in cui lo Stato islamico non c’è da tempo, ma evocarle serve per coltivare la narrazione che in Siria tutti sono terroristi se non quelli del regime e Mosca aiuta Damasco a combattere questi ribelli.

LA REALTÀ SUI BAGHDADISTI DI RAQQA

Gli uomini dello Stato islamico stanno fuggendo perché le campagne ibride studiate dalla Coalizione a guida americana (e ora Nato) stanno liberando via via aree dal controllo dell’IS. Che ha messo in atto una riorganizzazione tattica e strategica, che non significa affatto una sconfitta, ma che non è frutto di un deliberato piano occidentale. Che tra l’altro ha sfruttato questi spostamenti perché hanno portato più facilmente allo scoperto alcuni convogli in cui viaggiavano certi comandanti dell’IS, che sono continuamente monitorati dalle intelligence occidentali sul campo, e questo ha permesso di renderli bersagli. Sul Corridoio dell’Eufrate sono stati uccisi molti dei leader baghdadisti eliminati. Per esempio, sembra prendere concretezza la notizia che in questi giorni un raid aereo della Coalizione ha ucciso il capo dei predicatori dell’IS, Turki al Binali.

 

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