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Il vicolo cieco catalano. E le responsabilità dell’Europa

Torno sulla vicenda catalana dopo qualche mese; dopo che le posizioni di Madrid e di Barcellona sono diventate così radicali e distanti da rendere inevitabile lo scontro. E il punto di non ritorno.

Non ricorderò le tappe di questa “follia dello scontro inevitabile”; ormai sono ampiamente note. La chiusura del governo centrale popolare all’autonomia catalana nel 2010 ha innescato una reazione indipendentista anche al di là, presumibilmente, delle stesse intenzioni degli autonomisti. Fino agli strappi delle ultime settimane, che assomigliano sempre più a lotte di potere sulla pelle dei cittadini.

Così come non voglio soffermarmi troppo sulla componente economica di questo scontro, per quanto certamente importante. La Catalogna produce (ai dati del 2016) il 20% del PIL spagnolo, detiene una quota di produzione industriale pari al 23% ed un export pari al 25,6%: è oggettivamente una potenza economica decisiva per la Spagna. Ma le recenti scelte di alcune imprese e società finanziarie di allontanarsi da Barcellona segnalano che l’economia e la finanza non amano l’incertezza politica che si sta aprendo, e che potrebbe portare a conseguenze fortemente negative per la Catalogna.

Quello che mi interessa è affrontare invece la questione sotto un profilo costituzionale. Perché è un profilo più ampio, che interessa ognuno di noi, non solo i cittadini catalani e spagnoli. Siamo arrivati oggi ad un punto in cui il monopolio della legittimità democratica nelle mani dello Stato-nazione è divenuto storicamente insostenibile. Da qui originano tensioni che sono destinate a crescere… o a finire in un bagno di sangue.

Allo stesso tempo, il bisogno legittimo di riconoscersi in identità e sistemi decisionali non necessariamente soltanto nazionali non può essere affrontato imponendo altri modelli monopolistici di esercizio della sovranità su scala diversa, sia essa sub-nazionale o sovranazionale.

È il concetto stesso di monopolio sulla legittimità politica e sull’identità culturale degli individui che deve essere profondamente scardinato, ricostruendo un sistema costituzionale coerente con una pluralità di livelli di legittimità delle scelte collettive.

Se lo Stato nazionale spagnolo pensa di avere il diritto di imporre le scelte collettive a tutti gli spagnoli grazie ad una costituzione sostanzialmente figlia dell’Ottocento, la risposta non può essere la costruzione di un altro modello statuale in Catalogna; perché ci sarà sempre qualche cittadino catalano che si sentirà cittadino spagnolo (e vorrà tornare con la Spagna) o magari qualcuno che proporrà l’indipendenza di Barcellona da Girona, in un processo senza fine.

La cosiddetta “autodeterminazione dei popoli” è un mito inconsistente e pericoloso.

Che cos’è il “popolo”? E quale “popolo” dovrebbe avere la legittimità di effettuare scelte autonome (senza responsabilità verso collettività più ampie)? Il “popolo” non esiste; dipende dalla cornice giuridico-amministrativa che via via ha storicamente esercitato la sovranità sui cittadini. Quando è riferito ad uno Stato-nazione, come è accaduto negli ultimi secoli della storia mondiale, diventa inevitabile l’esistenza di un conflitto permanente ed intrinseco fra “popoli”. Esistono invece individui, ciascuno con bisogni che non possono essere soddisfatti individualmente e che richiedono scelte collettive di dimensione variabile, da quella locale a quella globale (ossia sub e trans Statuale).

Non esiste ancora, nel mondo, un modello costituzionale capace di garantire la piena coerenza fra livelli di governo diversi, fra identità su più livelli. Certo, esiste un modello costituzionale federale, fondato su due livelli di governo (nazionale e federale), come nella maggior parte dei grandi paesi di dimensioni continentali (Usa, Brasile, India, etc). Ma un modello che superi la prospettiva Stato-centrica, sulla base del quale costruire un nuovo patto di convivenza civile internazionale fondato su una genuina democrazia multilivello, deve essere ancora messo a punto.

E tuttavia è l’unica speranza per spezzare il pericoloso monopolio della sovranità, della presunta legittimità democratica, sia essa a livello di Stato o di regione; ed evitare così conflitti permanenti.

Nel caso catalano/spagnolo (così come in molti altri casi di analoghe tensioni nel resto d’Europa), solo una costituzione multilivello, che trasformi l’intera Unione Europea in un sistema di legittimità democratiche concentriche, può fornire una risposta alle legittime esigenze degli individui di far parte di istituzioni collettive su più livelli, da quello locale a quello sovranazionale.

Ancora una volta, è l’Europa che è chiamata ad uno sforzo creativo per superare le sovranità assolute ed esclusive degli Stati-nazione, riscrivendo il suo patto costituzionale su una base completamente nuova, per dare finalmente risposte concrete alle esigenze, che sono universali, contemporaneamente di autonomia e di coesione.

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