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Il popolarismo sturziano contro i populismi

Ciriaco De Mita a Napoli ha indicato la nuova rotta a chi ancora ha fede nei valori del popolarismo sturziano, baluardo indiscusso contro qualunquismi, populismi, localismi.

L’ex segretario Dc è intervenuto alla convention che si è tenuta al “Palapartenope” di Fuorigrotta convocata dal deputato Giuseppe De Mita già Udc, dal titolo “L’Italia è popolare, una voce per chi non ha più voce”. Il discorso tenuto da De Mita j. si può sintetizzare in un passaggio: “Oggi noi lasciamo una traccia, diamo la nostra disponibilità all’incontro di chi vuole accettare questa sfida”. Il desiderio di buona politica per il buon governo del Paese è l’imperativo categorico che dovrebbe animare chi ha a cuore le sorti degli italiani. Sono trascorsi ormai cinque lustri dalla fine dell’esperienza democristiana nelle istituzioni, senza che vi siano stati risultati degni di rilievo dal punto di vista della crescita, dello sviluppo, del benessere, a dimostrazione che non c’è nessun partito in grado di esprimere una chiara cultura politica da supportare concretamente l’azione di governo. Smarrito l’orizzonte entro il quale una forza politica deve muoversi per governare la cosa pubblica, si è guardato negli anni alla semplice conquista del potere e non alla libertà di un popolo, e utilizzando marchingegni e arzigogoli vari si è tentato di non perderlo.

“Il vero problema – ha sostenuto Ciriaco De Mita – oggi non è vincere o perdere le elezioni, anche perché questa legge elettorale non farà vincere nessuno. Il vero problema è quello di salvare la democrazia italiana e gli unici a poter vantare un pensiero e una cultura politica tali da consentire la salvaguardia della democrazia in Italia siamo noi, perché solo il popolarismo sturziano può fare da argine alla deriva. Il nostro ruolo – ha continuato – è quindi costruire il percorso su questi presupposti, lavorare per aiutare gli altri a comprendere”. La visione demitiana in sostanza ha evidenziato che il popolarismo oggi non può essere chiuso in un ristretto recinto partitico, esso si colloca invece come fondamento etico della politica, metodo di governo imperniato sulla partecipazione, valido per l’oggi e per il domani, in quanto la concezione stessa della politica era per Sturzo di respiro ampio fatta per gli uomini, non per una classe, per un partito, per un’ideologia; contrariamente alla vulgata che circola essa non è professione, ma educazione morale al servizio della libertà che, per vivere e rafforzarsi, ha bisogno di un fondamentale elemento etico, elemento che trascende la stessa ragione storica del partito da lui fondato.

Il ritorno alle origini del popolarismo significa in questo tempo confrontarsi con il berlusconismo; con l’assenza di pensiero del Pd, che sceglie la strada della litigiosità permanente; con la scarsa incidenza nel governo della cosa pubblica del M5S, nonostante sia capace di intercettare i bisogni della gente. Come avvenne in passato col giolittismo, anche oggi il popolarismo può riuscire nell’impresa e affermarsi contro chi vuole tenere ai margini il ceto medio-popolare, puntando sulla partecipazione dei cittadini alla vita politica.

La storia non si ripete, ma quando non ci sono riferimenti per il futuro, l’unico riferimento valido è la storia.

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