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Come si discute in Alternativa Popolare di Alfano su centrodestra e centrosinistra

Il problema è soprattutto politico. Perché se è vero che spesso è una questione di posti (accontentare i big e i portatori di voti), è anche vero che la partita che Angelino Alfano si è giocato in questi anni è essenzialmente politica. Lo strappo che nel novembre 2013 ha portato alla scissione da Forza Italia era mirato a due obbiettivi: continuare ad appoggiare un governo riformista e dare vita a una forza politica che avrebbe dovuto raccogliere i delusi di Forza Italia per riformare il centrodestra. Ora, se il secondo obbiettivo è fallito (e la prova è che il partito ha cambiato nome da Nuovo Centro Destra ad Alternativa popolare), il primo è fallito solo in parte: sicuramente non è riuscito a portare a casa la riforma costituzionale del governo sconfitta dal referendum, ma comunque le leggi che gli esecutivi Letta-Renzi-Gentiloni hanno realizzato hanno visto anche il timbro del partito di Alfano.

Per lui, però, il momento è difficile, perché se la logica direbbe di continuare questa esperienza – e infatti l’accordo elettorale col Pd è quasi fatto – il ministro degli Esteri ha il problema di far convogliare il suo elettorato, generalmente di centrodestra, all’interno di un’alleanza di centrosinistra. E facile non è. Il rischio, come si è visto in Sicilia, è che l’abbraccio col Pd si riveli mortale, come dice Roberto Formigoni, e che Ap ceda consensi. Paradossalmente, dal punto di vista elettorale, sarebbe meglio andare da soli: i voti probabilmente sarebbero di più, ma i posti di meno rispetto allo stare in coalizione.

Ed è proprio questo il dilemma che attanaglia il vertice del partito in queste ore: andare da soli puntando a superare il 3% col rischio di non farcela e comunque – in caso positivo – sicuri di portare in Parlamento una sparuta pattuglia parlamentare oppure fare un accordo col Pd che comunque garantisca un tot numero di posti anche nei collegi uninominali? Come veicolare un elettorato nato berlusconiano nel centrosinistra? Oppure – rovescio della medaglia – perdendo un pezzo di elettorato di centrodestra come conquistare nuovi elettori?

Nella direzione andata in scena venerdì, dopo sette ore di interventi, si è deciso di prendersi ancora un’altra settimana: il coordinatore Maurizio Lupi e il suo vice Antonio Gentile avranno ancora qualche giorno per verificare e approfondire. Sul tavolo c’è la proposta del Pd, avanzata da Lorenzo Guerini, che però ancora non offre quel numero di collegi ritenuti sufficienti. E poi occorre mettere paletti anche sul programma. Come Bonus bebè e misure per la famiglia, come anche il no a biotestamento e ius soli, e il divieto di ritornare su temi già passati come l’abolizione dell’articolo 18, che invece Mdp e Sinistra italiana vorrebbe riconsiderare. E poi ci sarebbe anche un veto di Giuliano Pisapia contro Ap, che però nelle ultime ore si sarebbe smorzato.

Insomma, un mosaico non facile da comporre, che però dentro Ap si dispiega in questo modo: ci sono quelli che credono necessario e doveroso continuare l’esperienza con il centrosinistra (anche perché reputano infattibile un ritorno nel centrodestra), e tra questi ci sono Fabrizio Cicchitto, Sergio Pizzolante, Giacomo Castiglioni e Beatrice Lorenzin. E, più tiepidamente, lo stesso Alfano. Poi ci sono quelli che vorrebbero tornare con Berlusconi: Roberto Formigoni, Raffaello Vignali, Gabriele Albertini, il consigliere regionale lombardo Alessandro Colucci (in Lombardia Ap appoggia la giunta Maroni). Infine ci sono quelli per la corsa solitaria, come Maurizio Lupi, che per sua natura starebbe nel centrodestra, ma ha l’intelligenza politica per capire che, al momento, quella strada è preclusa. Anche per i forti veti di un bel pezzo di Forza Italia, oltre ai soliti Meloni e Salvini. “Non andiamo col cappello in mano da nessuno”, ha detto il coordinatore.

Come finirà? Venerdì prossimo si riunirà un’altra direzione che, dopo aver ascoltato Lupi e Gentile, voterà tra l’alleanza col Pd e la corsa solitaria. L’accordo con i dem sembra però la soluzione più ovvia. A patto di ricevere le necessarie rassicurazioni sulla rappresentanza parlamentare e sui contenuti programmatici. E pure su un paletto ben preciso che Alfano ha fatto arrivare al segretario dem tramite Guerini: non saranno più tollerati attacchi violenti e frontali come quello quello andato in scena nel periodo in cui si discuteva della prima versione del Rosatellum, che prevedeva uno sbarramento più alto. Quando Renzi disse ad Angelino: “Se hai fatto il ministro di tutto e poi non prendi il 5%…”.

Se poi davvero ci sarà l’intesa elettorale col Pd, allora bisognerà mettere in conto qualche uscita anche importante. Per esempio, che farà tutto il mondo di Cl in Lombardia? Starà dentro con Lupi o se ne andrà con Formigoni? Le uscite, però, non saranno numerose, anche perché Berlusconi tutti questi posti da elargire a chi 4 anni fa gli ha voltato le spalle non ne ha.

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