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Gli Houthi uccidono Saleh in Yemen

L’ex presidente yemenita Ali Abdullah Saleh è stato ucciso poco fuori Sanaa dai ribelli Houthi. La notizia è piuttosto importante perché segna un momento “delicatissimo” per il paese, dice a Formiche.net Cinzia Bianco, analista specializzata in Medio Oriente della società Gulf State Analytics, e in un momento altrettanto delicato per la regione, con il confronto a tutto campo tra Arabia Saudita e Iran che passa anche dall’approccio proxy alla guerra in Yemen.

Domenica 3 dicembre, dopo tre anni di guerra, l’ex presidente aveva fatto segnare “una svolta” importante, annunciando l’intenzione di rompere l’alleanza con i ribelli separatisti che hanno rovesciato Sanaa e aprendo al dialogo con i sauditi se solo avessero tolto l’embargo che sta mettendo oltre venti milioni di civili in condizioni umanitarie critiche. La questione non è da poco: gli Houthi sono una setta sciita che ha collegamenti con l’Iran, mentre il governo in Yemen è considerato un cortile casalingo dall’Arabia Saudita. Su questi presupposti si è basato l’infruttuoso intervento militare con cui due anni fa Riad ha cercato di respingere gli Houthi, che invece sono stati via via più sostenuti da Teheran.

Poco prima che la notizia dell’uccisione di Saleh si diffondesse – prima attraverso siti russi e iraniani, e con smentite da parte dei media del Golfo, poi alla fine, davanti ai video del corpo dell’ex presidente girati dai ribelli, confermata anche da Al Arabiya – Bianco ci spiegava: “Se Saleh molla gli Houthi, si apre nel lungo periodo una luce verso la soluzione del conflitto. È vero che nel 2014 i ribelli sono stati in grado di conquistare da soli gran parte del territorio che ancora controllano, ma l’hanno fatto anche con l’appoggio di Saleh, soprattutto perché gran parte dell’esercito yemenita era (in estrema sintesi) diviso se essere lealista nei confronti dell’ex presidente, uno dei padri dello Yemen per come lo conosciamo, oppure allinearsi con Abdrabbuh Mansour Hadi, presidente attuale, filo-saudita, deposto dalla rivolta”. Bianco aggiungeva che per gli Houthi, Saleh era stato necessario anche dal punto di vista politico, “li ha trasformati in attori in grado di amministrare il territorio controllato e resistere all’avanzata della coalizione che i sauditi gli hanno lanciato contro: senza Saleh sono come Talebani”. ” E infatti – aggiungeva Bianco – all’annuncio che Saleh li stava lasciando, gli Houthi hanno reagito proprio come Talebani, mettendo a ferro e fuoco Sanaa (dove Saleh ha il suo regno, ndr). Si muovono per uccidere tutti i lealisti di Saleh e Saleh stesso possibilmente”. Un’analisi quasi profetica viste le notizie uscite ore dopo.

Adesso l’aspetto interessante, nonostante la vendetta Houthi abbia ucciso l’ex presidente, è capire chi, dopo anni di tentativi, l’aveva mosso a mollare i ribelli e aprirsi verso i sauditi. Per Bianco potrebbe esserci lo zampino dei russi: “Certo, è vero che la popolazione è ormai stanca del controllo houthi, ma non è un caso che ci sia stato un avvicinamento dell’Arabia Saudita alla Russia sulla soluzione politica alla fine del conflitto siriano, che ormai da tempo la diplomazia regionale affronta come un tutt’uno con lo Yemen: a questo dialogo sulla Siria è poi corrisposto il cambio di linea e casacca di Saleh, che da anni ha ottimi rapporti col Cremlino”.

La Russia ha guadagnato molta influenza nel Medio Oriente, perché è riuscita, con la forza, a salvare il regime siriano. Contemporaneamente a questo, Mosca sta lavorando in partnership con Teheran, che per le stesse ragioni sta accrescendo la propria influenza in tutta la regione; però spesso le linee politiche dei due alleati non coincidono: sullo Yemen, dove l’Iran sta dietro agli Houthi, gli ayatollah potrebbero aver cercato di forzare a suo favore gli equilibri con la Russia, ma il rischio adesso è che lo Yemen diventi un teatro dove la guerra saudita contro l’Iran aumenta di intensità.

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