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Ecco le telefonate che hanno anticipato la mossa di Trump su Gerusalemme

Secondo il giornalista israeliano Barak Ravid la decisione del presidente statunitense Donald Trump di riconoscere Gerusalemme come capitale dello stato ebraico, togliendole lo status internazionale in condivisione con la Palestina, e il seguente annuncio sulla volontà di iniziare seriamente il trasloco dell’ambasciata americana da Tel Aviv, è stata anticipata da alcuni passaggi finora inediti.

Ravid, che lavora per Channel 10 ed è molto noto e spesso pubblica contributi anche per media americani, racconta che ci sarebbero stati diversi contatti telefonici tra Trump e Israele prima delle dichiarazioni di mercoledì (una delle accuse che invece l’Autorità palestinese muove nei confronti del presidente Usa è di essersi mosso in via unilaterale senza avvisare preventivamente i palestinesi, e gli alleati arabi americani, che sono ovviamente tutti pro-Palestina, hanno ripreso la postura offesi di non aver ricevuto anticipazioni).

Funzionari sia americani che israeliani hanno confermato al giornalista che Trump e il premier Benjamin Netanyahu avrebbero parlato almeno due volte al telefono nei dieci giorni precedenti al 6 dicembre. Durante l’ultima di queste telefonate, martedì 5, Netanyahu avrebbe detto a Trump che con il suo annuncio “avrebbe fatto la storia”, garantendo comunque al presidente americano il suo personale impegno a non alterare il delicato equilibrio con cui sono gestiti i luoghi sacri che Gerusalemme custodisce (sono quelli delle tre principali religioni monoteiste); in particolare sul Monte del Tempio, o Haram Al-Sharif, come viene chiamato in arabo.

Martedì un alto ufficiale della Casa Bianca avrebbe invece contattato “quattro leader arabi” – non specificati – per cercare di comprendere le reazioni alle parole di Trump e “tenere gli alleati informati” (speculazioni sulle capitali contattate: Riad, Cairo, Amman, Abu Dhabi). Nei prossimi giorni il vice presidente Mike Pence sarà in Israele e Palestina: il piano del viaggio prevedeva un incontro con il presidente dell’Autorità palestinese Mahmoud Abbas, ma un esponente del partito di Abbas, Fatah, ha dichiarato a Haaretz che Pence “è persona non gradita in Palestina”. Per il momento, dicono i funzionari americani, non è previsto una cambio sullo schedule di Pence, e Dina Powell, la migliore consulente di Trump sul Medio Oriente – in uscita dalla Casa Bianca – si sta occupando direttamente di arrangiare comunque un incontro. Alternativa: Abbas dovrebbe recarsi negli Stati Uniti nelle prossime settimane per cure mediche, e (ma sembra improbabile) potrebbe essere invitato alla Casa Bianca.

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