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Elogio del compromesso. Così il Congresso chiude lo Shutdown

Come previsto e anticipato dai media americani, dopo ore di confronto e discussioni tra le due ali del Congresso, si chiude il capitolo dello shutdown per le amministrazioni USA, un capitolo iniziato allo scoccare della mezzanotte del 20 gennaio scorso, data dal valore simbolico enorme per Donald Trump, rappresentando il compimento del suo primo anno alla Casa Bianca.

In quell’occasione e nei due giorni successivi, i senatori impegnati in aula e intervenuti in incontri a porte chiuse con i rappresentanti dell’amministrazione, a partire dallo stesso Trump, non erano riusciti a trovare la quadra per far passare il provvedimento di rifinanziamento delle attività amministrative relative all’anno 2018.

Troppe contrapposizioni e una lontananza apparentemente incolmabile separavano democratici e repubblicani. Ancor di più, come sostenuto da molti a Washington, all’interno dello stesso partito repubblicano ci sarebbe stata una sottile volontà di strumentalizzare l’impasse per indebolire il presidente nei giorni dell’anniversario dal suo inauguration day.

Per tutte le questioni richiamate, e ancor di più per assicurare uno stipendio ai tanti dipendenti delle amministrazioni USA colpite dal provvedimento, gradualmente c’è stato un sforzo di riapertura al dialogo e i pontieri hanno lavorato sui temi di maggiore interesse, a partire dall’immigrazione. È apparso sin dall’inizio chiaro che per i democratici la partita sarebbe stata giocata sul campo dei Dreamers. Le restrizioni al DACA program volute dall’amministrazione non avrebbero trovato sponda al Congresso e i numeri hanno fatto il resto. Situazione immutata fino a queste ore, quando da parte repubblicana si sono avuti i primi segnali di apertura e di mediazione.
Sulla base di questi sforzi il Senato ha appena approvato un provvedimento che sostanzialmente prende tempo e sospende provvisoriamente gli effetti dello shutdown. Il voto è stato di 81 a favore contro 18 contrari e il dato più interessante è relativo alla trasversalità rispetto agli schieramenti.

Il New York Times ha segnalato gli incontri a porte chiuse tra una ventina di democratici e repubblicani che hanno cercato la via per l’intesa. Il lavoro degli sherpa è stato positivamente seguito dalla Casa Bianca e ha prodotto il primo risultato concretamente apprezzabile. Un’apertura sull’immigrazione, su un piatto della bilancia, e l’accordo per sospendere lo shutdown sull’altro piatto.

Per ora il piano sembra funzionare e nelle prossime ore lo scoglio del blocco amministrativo dovrebbe essere definitivamente accantonato. Un risultato nei fatti quasi scontato, per quanto fondamentale per la tenuta di questa amministrazione. Scontato poiché tutti a Washington sono consapevoli che fenomeni di questo tipo hanno una grandissima valenza politica ma non possono avere un valore effettivo. Nessuno nei palazzi del potere avrebbe scommesso su una crisi permanente del sistema amministrativo e sulla chiusura di numerosissimi uffici pubblici. Come accaduto nel 2013 e in altre circostanze simili nel corso degli anni, anche lo shutdown di Donald Trump è destinato a finire.

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