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Vi spiego le proposte Pd su famiglie, imprese e lavoro. Parla Luigi Marattin

Il taglio delle tasse che gravano sul lavoro e sulle imprese. L’estensione degli 80 euro mensili anche alle partite Iva. Le politiche di sostegno fiscale a favore delle famiglie. L’introduzione del salario minimo garantito. Tutte proposte contenute nel programma elettorale con cui il Pd di Matteo Renzi e Paolo Gentiloni si presenterà agli elettori il prossimo 4 marzo. Formiche.net ne ha chiesto conto a Luigi Marattin, consigliere economico di Palazzo Chigi e professore di Politica economica all’Università di Bologna, che alle elezioni è candidato tra le fila dei dem in Emilia-Romagna. “L’economia italiana ha ripreso a muoversi”, ha affermato in questa conversazione Marattin, secondo cui le idee del Pd in tema di fisco e tassazione del lavoro sono pienamente realizzabili e sostenibili. “Alcune forze politiche” – ha invece sottolineato l’economista – “sembrano davvero aver tratto spunto dal Cettolaqualunque di Antonio Albanese, facendo a gara a chi la spara più grossa. Questo modo di fare non aiuta a restituire alla politica la credibilità di cui avrebbe bisogno. E non contribuisce a migliorare in concreto la vita di famiglie e imprese”.

A quanto ammontano le proposte economiche che come Pd avanzate per la prossima legislatura? Il professor Perotti su Repubblica ha parlato di 56,4 miliardi di euro l’anno…

Le nostre proposte ammontano a poco più di 35 miliardi di euro, come conferma l’analisi dell’Osservatorio di Carlo Cottarelli. A Roberto Perotti abbiamo abbondantemente spiegato qual è stato il suo doppio errore. Il primo è stato aver capito che la riduzione del cuneo contributivo valesse per tutti i 23 milioni di dipendenti (e non, invece, solo per gli assunti dal marzo 2015). Il secondo  inserire tra le misure bisognose di copertura il cambio delle regole fiscali europei, inclusi addirittura i possibili Eurobond. Ma com’è ovvio, se il cantiere politico europeo produrrà un nuovo framework fiscale, non è che si debbano trovare in bilancio le coperture. Si dovrà semplicemente prendere atto del nuovo sistema.

Nel vostro programma proponete di ridurre progressivamente il cuneo fiscale fino al 29%. E’ davvero possibile? Come contate di riuscirci?

Non solo è possibile, ma necessario. Nonostante il milione di posti di lavoro creati negli ultimi tre anni sia per metà a tempo indeterminato, la tendenza degli ultimi mesi è più a favore del tempo determinato. E’ arrivato quindi il momento di intervenire con maggiore decisione, diminuendo strutturalmente – e non più solo temporaneamente – gli oneri contributivi per i lavori a tempo indeterminato dall’attuale 33% al 29% per tutti gli assunti dal marzo 2015 in poi. Il costo è di 280 milioni il primo anno, per arrivare a regime a poco meno di due miliardi.

Salario minimo garantito per tutti. Su quale cifra state ragionando da questo punto di vista?

Crediamo alla centralità della contrattazione collettiva tra le parti sociali, a cui non vogliamo togliere spazio e centralità. Ma in alcuni settori – non coperti dalla contrattazione – si verificano episodi di sfruttamento magari non diffusissimi, ma che in un Paese civile è imperativo vietare: pensiamo al classico esempio dei ragazzi che consegnano le pizze, o anche a certi lavori sul web. Pertanto intendiamo istituire una remunerazione oraria al di sotto della quale non è possibile andare. Il quantum lo decideremo insieme alle parti sociali.

Perché è così importante rafforzare gli Istituti Tecnici Superiori come voi proponete? Cosa volete fare?

La formazione è sempre stata, ovviamente, fondamentale per il mondo del lavoro. Ma da qualche tempo è diventata praticamente l’unica cosa che conta, soprattutto nel segmento più debole del mercato del lavoro, che è quello dell’ingresso. Noi ci trasciniamo da decenni un gap formativo di istruzione tecnica nel mondo della scuola secondaria: un retaggio dell’idea novecentesca secondo cui quelli bravi andavano al liceo classico o scientifico, e gli altri agli istituti tecnici. Ora siamo lontani anni luce da quel tipo di mondo del lavoro. Grossa parte del gap che abbiamo con la Germania per quanto riguarda l’ingresso di giovani è dovuto al fatto che loro hanno una rete di istituti tecnici integrati col mondo della produzione. Noi no. Per questo dobbiamo puntare con convinzione su questa strada.

La riduzione dell’Ires e dell’Iri che intensità avrà e a quali imprese sarà riservata?

Nella legislatura che si è appena conclusa abbiamo ridotto l’Ires – che si applica alle società di capitali . dal 27,5% al 24%, che rappresenta circa la media Ocse. Ora vogliamo proseguire, e ridurla al 22%, al di sotto dell’aliquota che si paga mediamente all’estero. Stessa cosa vogliamo fare per le ditte individuali e le società di persone che lasciano gli utili in azienda. Invece di pagare l’aliquota marginale del 43%, pagheranno l’Iri al 22%.

Si può davvero estendere la misura degli 80 euro anche alle partite Iva?

Nella scorsa legislatura abbiamo dimostrato con i fatti che la distinzione tra lavoro dipendente e lavoro autonomo è figlia di un mondo che non esiste più. Abbiamo approvato il regime dei minimi (con tassazione piatta al 15%  per i primi 5 anni  e addirittura al 5% per le attività più piccole), l’Iva per cassa, l’abbassamento dell’aliquota contributiva dal 33% al 25% per gli autonomi, e soprattutto il Jobs Act del lavoro autonomo, che ha concesso diritti che prima non c’erano – ad esempio la maternità -, allargato la platea delle spese deducibili, introdotto lo smart working. Ora vogliamo proseguire, estendendo anche alle partite Iva la principale misura di vantaggio fiscale approvata nella scorsa legislatura, vale a dire gli 80 euro.

Proponete anche misure fiscali a favore delle famiglie con figli. In cosa consiste il vostro progetto?

L’attuale sistema di supporto alle famiglie con figli è inefficiente e iniquo. Inefficiente perché ormai neanche il più esperto dei commercialisti riesce a capire il funzionamento delle detrazioni. Iniquo perché non si applica ai lavoratori autonomi, e non si applica alle famiglie di lavoratori dipendenti con reddito più basso (inferiore a 8.000 euro). Noi vogliamo sostituire questo sistema con uno più semplice e più equo: 240 euro al mese per tutti (autonomi e dipendenti) per ogni figlio di età compresa tra 0 e 18 anni. E 80 euro al mese per ogni figlio dai 19 ai 26 anni.

Chi ne beneficerà? E quanto costerà il progetto?

Riceveranno questo assegno universale tutti coloro che guadagnano fino a 100.000 euro l’anno, con una riduzione graduale a partire dai 55.000 euro. Tutto il progetto costa 23 miliardi. 14 li reperiamo abolendo l’attuale sistema, e 9 li ricaviamo all’interno della nostra strategia macroeconomica che vede il mantenimento dell’avanzo primario all’attuale 2% – tale da iniziare una graduale ma costante riduzione del debito pubblico -, in luogo del previsto 2,6% per il 2019 e 3,3% per il 2020.

Industria 4.0 è stato uno dei provvedimenti più di successo dei governi a guida Pd di questi anni. Volete continuare su questa strada? E come?

Basta farsi un giro nelle aziende italiane per capire quanto abbia avuto successo questa iniziativa. Intendiamo rendere strutturali gli incentivi dell’iper-ammortamento e del super-ammortamento, creando un sistema automatico di deducibilità degli investimenti in innovazione. Così facendo, l’imprenditore non dovrà più aspettare la prossima legge di bilancio per capire se l’incentivo è stato confermato o meno, ma viene inserito strutturalmente nel sistema fiscale. Poi intendiamo continuare sulla strada dei Competence Center – i centri di ricerca imprese-università, il cui primo bando è partito il 1° febbraio -, perché da lì nascerà e si svilupperà l’innovazione e la digitalizzazione che dovrà permeare il nostro tessuto industriale.

In Italia c’è un urgente bisogno di sbloccare gli investimenti pubblici anche per rimettere in moto le opere pubbliche e le infrastrutture. Cosa non ha funzionato finora e cosa contate di fare?

Dai primi anni Duemila in poi la macchina degli investimenti pubblici soprattutto a livello locale si è progressivamente appassita, perché non c’erano le risorse. O meglio, il loro utilizzo era fortemente inibito dal Patto di Stabilità interno. E quindi la macchina tecnica della progettazione e delle gare si è arrugginita. Dal 2014 in poi abbiamo cominciato a invertire il trend delle risorse: prima abolendo il Patto di Stabilità interno e poi consentendo il progressivo sblocco degli avanzi di amministrazione. La “macchina finanziaria” quindi ora abbonda di risorse. Ma la “macchina tecnica” – appassita da 15 anni di vacche magre – è rimasta indietro. Ora dobbiamo compiere l’ultimo miglio sulla parte finanziaria – consentendo l’utilizzo pieno e limitato di tutti gli avanzi per comuni e province – e investire sulla velocizzazione di progettazione e gare, come abbiamo iniziato a fare nell’ultima parte di legislatura.

A poco più di 10 giorni dal voto, che tipo di appello rivolge agli italiani? 

In questi anni il Pd – grazie ad un nuovo e più giovane gruppo dirigente – ha iniziato a rimettere in moto il Paese. Lo abbiamo fatto con tanta passione, molta energia e qualche errore. Che spero possa essere valutato alla luce di quella passione e di quella energia che ritenevamo necessaria per iniziare a smuovere un Paese che era da troppo tempo fermo. L’economia italiana, lo riconoscono anche i più critici, ha ripreso a muoversi. E improvvisamente ci appaiono chiare tutte le enormi potenzialità di un Paese meraviglioso e pieno di energie. Vogliamo veramente fermarci adesso e consegnare l’Italia in mano a opzioni politiche che hanno già dimostrato di non saper mantenere le promesse o a movimenti populisti e demagogici? Io penso sia meglio di no.

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