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​Ecco ​come il voto del 4 marzo spaventa le imprese italiane. Rapporto Bei

irn, fiscal compact

Una buona notizia e una cattiva notizia sul fronte degli investimenti. Quella positiva è che le imprese italiane tornano a investire. Quella negativa è che c’è ancora troppa incertezza sul futuro, col risultato di un’economia ancora alla ricerca dello scatto decisivo. Questa la sintesi dell’indagine sugli investimenti e la finanza italiana condotta dalla Banca europea degli Investimenti, le cui risorse finanziano annualmente piccole e grandi opere nei Paesi membri (qui lo speciale di Formiche.net), presentato questo pomeriggio al Tesoro dal ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan (nella foto), il vicepresidente della Bei, Dario Scannapieco, il dg di Bankitalia, Salvatore Rossi, quello di Confindustria, Marcella Panucci e dal presidente del Fondo d’Investimento, Innocenzo Cipolletta.

FRENO A MANO TIRATO

Secondo la Bei, le imprese italiane, soprattutto quelle di maggiori dimensioni, sono tornate a investire seppur con un ritardo di quasi due anni rispetto a quanto avviene nei Paesi europei più dinamici, e sostengono che continueranno a farlo nel triennio appena iniziato. “Tuttavia l’incertezza politica e le regole poco chiare frenano la ripresa degli investimenti”. Tra i fattori che fanno da tappo agli investimenti ci sono essenzialmente due cose. L’incertezza politica legata all’esito incerto delle elezioni del 4 marzo e ovviamente il mostro della burocrazia, che troppo spesso scoraggia gli imprenditori prima di mettere mano al portafoglio.

CHI INVESTE (E CHI NO)

Scendendo ancora più nel dettaglio, l’82% delle imprese italiane ha effettuato investimenti nell’ultimo anno, una percentuale leggermente inferiore alla media europea (84%). Investono di più le grandi (92%) delle piccole (76%). Solo il 13% del campione non ha fatto investimenti. Tuttavia, l’incertezza politica e la mancanza di un chiaro quadro normativo e regolatorio continuano a frenare la ripresa degli investimenti delle imprese italiane indipendentemente dalla dimensione o dal settore. Un altro dato diffuso dalla Bei è degno di nota. Nove aziende su dieci considerano l’incertezza sul futuro il principale ostacolo a investire (89%), contro una media europea del 72%. Segno che qui in Italia il sistema industriale teme più di ogni altra cosa l’instabilità politica. Verità condivisa anche dalla numero due di Confindustria Panucci. “Siamo spaventati, molto spaventati da una mancanza di continuità” dopo marzo. “Lo ribadiremo anche a Verona, tra pochi giorni, alle nostre assise”.

TORNANO GLI INVESTIMENTI PUBBLICI

Ma se gli imprenditori aprono ancora con grande cautela i cordoni della borsa, centellinando gli investimenti, lo Stato torna a investire massicciamente. Almeno secondo le previsioni del ministro dell’Economia, Padoan candidato nel collegio di Siena. Con la legge di bilancio 2017 e 2018 “gli investimenti pubblici avranno una dimensione che, da qui al 2033, toccherà gli 83 miliardi e potrà portare la crescita potenziale del Paese a livelli piu elevati, sicuramente più alti di quelli vissuti agli inizi degli anni 2000”.

TUTTI I NODI DELLE IMPRESE

Attenzione però, guai a pensare che burocrazia e incertezza politica siano gli unici due tappi allo sviluppo. Nel rapporto Bei c’è di tutto. Scarsa disponibilità di personale qualificato, energia troppo cara, pochi e mal funzionanti trasporti e un deficit infrastrutturale. E poi il poco credito bancario. Che però inaspettatamente non è più un problema insormontabile per gran parte delle imprese, anche se il dato italiano rimane sensibilmente peggiore di quello europeo. Rimane comunque un fattore di “preoccupazione” per il 65% di esse e un problema “serio per il 40% del campione.

 

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