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Perché Xi non vuole limiti alla sua leadership, al governo e al partito

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Il 25 Febbraio viene pubblicato in Cina un testo denso di emendamenti costituzionali firmato dal Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese in data 26 gennaio. Il quattordicesimo di questi emendamenti abolisce il limite dei due mandati per la carica di presidente della Repubblica, carica oggi ricoperta dal Segretario Generale del Partito Xi Jinping.

La maggior parte dei media si è concentrata sul riflesso che questo emendamento avrà sui poteri del presidente Xi consentendogli de facto di continuare a ricoprire la carica suprema della Repubblica ben oltre il 2023, data di scadenza del suo secondo mandato. Effettivamente il limite dei due mandati per la presidenza era stato introdotto nella Costituzione del 1982 da Deng Xiaoping per impedire il ripetersi dell’esercizio arbitrario di potere verificatosi durante la Rivoluzione Culturale.

La stessa Costituzione tuttavia trasformava la carica della presidenza in un istituto più cerimoniale, privo dunque di reale valore intrinseco. La carica di Presidente tornava poi a svolgere una funzione simbolicamente più rilevante a partire dal 1993 quando, dopo gli eventi di Tiananmen, viene convenzionalmente attribuita al segretario generale del partito Comunista, sanzionandone de iure il ruolo di leader del paese. Come ha dimostrato l’esito del XIX congresso del partito tenutosi lo scorso autunno, Xi è certamente il segretario più potente del Partito dai tempi di Deng e ha dunque l’autorità per revisionare una disposizione così importante.

Ma a che serve oggi a Xi, già leader assoluto una presidenza cerimoniale illimitata? Xi avrebbe potuto affidarla a qualcun altro alla fino del suo secondo mandato liberandosi del peso di dover stingere troppe mani a noiose cerimonie ufficiali e continuando a svolgere il suo ruolo di leader del partito. Oppure Xi ha in mente di rafforzare sempre più la sovrapposizione tra le due cariche – Presidente della Repubblica e segretario del partito – evitando l’emergere di antagonisti istituzionali che possano ostacolare le sue riforme strutturali (citate peraltro in tre altri emendamenti suggeriti dal comitato centrale)?

È difficile dirlo oggi. Certo è come fa notare qualcuno che i “tempi” con cui sono stati resi noti questi emendamenti fanno riflettere e sembrano indicare una certa urgenza nella leadership.
Il secondo plenum del comitato centrale – riunione che avrebbe dovuto preparare le indicazioni finali emerse dal congresso per la loro ratifica da parte dell’Assemble del Popolo che si terrà a inizio marzo, si era infatti concluso il 19 gennaio e il suo comunicato finale non conteneva l’emendamento sul termine dei mandati. A questo si aggiunge l’irrituale anticipazione del terzo plenum del partito (che dovrebbe tenersi proprio in questi giorni).
Insomma è troppo presto per trarre delle conclusioni esaustive su questa decisione. Ciò che è certo tuttavia è che la Cina di Xi si sta avviando verso una nuova fase di grandi trasformazioni.

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