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Papa Francesco e la santità della porta accanto

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Chi è un santo? Chi non si accontenta di un’esistenza mediocre, annacquata, inconsistente. Lo Spirito Santo infatti riversa santità dappertutto nel santo popolo fedeli di Dio. La chiamata alla santità, osserva papa Francesco, è confermata da quanto Dio disse ad Abramo: “Cammina davanti a me e sii integro”. Dio infatti, si capisce poco dopo, ha voluto entrare in una dinamica popolare. Quindi quella di cui parla papa Francesco è quella che lui stesso ha chiamato la santità della porta accanto, o della classe media della santità.

Difficile immaginare questa santità senza il rapporto con gli altri, silenziosa: senza per questo immaginare questi santi come dei nostri simili che arrivino a disprezzare i momenti di quiete, solitudine e silenzio. Ma già dalle prime pagine è chiaro che “Gaudete et exsultate” non parla di una santità che toglie gioia, vita, ma sin dai primi capitoli individua i veri pericoli, i nemici della vera santità. I termini impiegati nell’esortazione apostolica sono gnosticismo e pelagianesimo. Lo gnosticismo attuale pretende di ridurre l’insegnamento di Cristo a una logica fredda, che domina tutto. Il pelegianesimo odierno viene descritto efficacemente al punto 48: “Il potere che gli gnostici attribuivano all’intelligenza, alcuni cominciarono ad attribuirlo alla volontà umana, allo sforzo personale. […] Non era più l’intelligenza ad occupare il posto del mistero e della grazia, ma la volontà. Si dimenticava che tutto dipende non dalla volontà né dagli sforzi dell’uomo, ma da Dio che ha misericordia e che Egli ci ha amati per primo. Così si finisce indubbiamente per fare affidamento solo sulle proprie forze, e si può arrivare, facilmente, a sentirsi superiori.

Presentando la nuova esortazione apostolica, la sala stampa ha voluto inserire tra i testimonial chiamati un rifugiato, giunto in Italia dall’Afghanistan. E vedendolo in prima fila insieme agli altri testimonial scelti per l’occasione, l’attenzione non poteva che andare alla grande regola di comportamento citata nell’esortazione apostolica: “Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarsi”. Queste parole del Vangelo secondo Matteo sono commentate così al punto 98 dell’esortazione apostolica: “Quando incontro una persona che dorme alle intemperie, in una notte fredda, posso sentire che questo fagotto è un imprevisto che mi intralcia, un delinquente ozioso, un ostacolo sul mio cammino, un pungiglione molesto per la mia coscienza, un problema che devono solvere i politici, e forse anche un’immondizia che sporca lo spazio pubblico. Oppure posso reagire a partire dalla fede e dalla carità e riconoscere in lui un essere umano con la mia stessa dignità, una creatura infinitamente amata dal padre, un’immagine di Dio, un fratello redento da Cristo. Questo è essere cristiani! O si può forse intendere la santità prescindendo da questo riconoscimento vivo della dignità di ogni essere umano?”. E al paragrafo seguente si spiega: “Questo implica per i cristiani una sana e permanente insoddisfazione. Anche se dare sollievo a una sola persona già giustificherebbe tutti i nostri sforzi, ciò non ci basta”.

Questa mattinata davvero particolare ha consentito di apprendere, passando dalla sala stampa del Vaticano al non distante teatro dove veniva presentato il rapporto del Centro Astalli (la sezione italiana del Jesuit Refugee Serivce) che durante un incontro con i suoi collaboratori nella sezione del dicastero che si occupa del migranti e degli asilanti, papa Francesco si è alzato ed è tornato indossando uno di quei giubbotti salvagente (quasi sempre arancioni) dicendo che “questa è la prima necessità: salvare vite”. Immaginarsi una scelta del genere aiuta a capire quanto profondamente Papa Francesco avverta le parole che abbiamo appena letto e la regola di comportamento citata in Gaudete ed Exsultate.

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