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Renzi saprà sorprenderci e riaprire la partita. La previsione di Piero Fassino

“Se Nelson Mandela ha parlato con chi l’ha tenuto in carcere per anni e anni, se Enrico Berlinguer e Aldo Moro hanno aperto un dialogo tra loro pur guidando due partiti che per cinquant’anni erano stati su fronti opposti, non capisco perché il Pd non possa andare a un confronto con il Movimento 5 Stelle”. Piero Fassino non ha dubbi: di fronte allo stallo politico determinato dal voto del 4 marzo, il Partito Democratico non dovrebbe trincerarsi sull’Aventino ed escludere aprioristicamente un’interlocuzione con i cinquestelle. Il che non vuol dire giungere sicuramente a un accordo, ma quantomeno verificare se esistano le condizioni politiche e programmatiche necessarie a ogni possibile intesa. Giocare la partita insomma, come ha sottolineato Fassino in questa conversazione con Formiche.net: “C’è chi si chiede quale sia l’interesse del Pd nel partecipare a un eventuale governo. Io non mi pongo questa domanda, ma un’altra: qual è l’interesse dell’Italia? Sono convinto che se perseguiremo l’interesse del Paese, faremo anche il bene del Partito democratico”.

Fassino, in questo senso quale immagina debba essere il primo passaggio?

“Prima di arrivare a una discussione di merito è necessario un chiarimento politico. Veniamo da un passato nel quale non solo eravamo avversari, ma in cui le rispettive posizioni erano distanti e i toni reciproci molto aspri, sopratutto da parte del Movimento 5 Stelle nei confronti del Pd e di Matteo Renzi. Quei giudizi e quelle parole devono essere definitivamente archiviate. Dopodiché sarà possibile sedersi intorno allo stesso tavolo per discutere di programma. Ognuno con le proprie proposte ma con l’obiettivo di arrivare a soluzioni condivise. Senza dire “prendere o lasciare”. In fondo com’è avvenuto in Germania tra Angela Merkel e i socialdemocratici.

In questa fase, però, sembrano prevalere nel Pd le voci contrarie a questo approccio. Che ne pensa?

Non mi spaventa. Nelle prima ore in cui bisogna assumere decisioni difficili è sempre così: si sentono di più le voci di chi dissente rispetto a chi consente. Se guardiamo i social, lo stesso sta accadendo anche nell’elettorato dei cinquestelle. Con i quali dovremo parlare non di quanto accaduto ieri, ma di quanto deve accadere oggi e domani.

Quali sarebbero le alternative a questo confronto tra Pd e cinquestelle?

Non ne vedo molte e tutte mi paiono poco auspicabili. Spingere Luigi Di Maio nelle braccia di Matteo Salvini e essere noi a favorire la creazione di un governo cinquestelle-Lega? Troverei molto curioso che il Pd favorisse una soluzione pericolosa per il Paese. Andare ad elezioni anticipate? Sappiamo benissimo però che due voti ravvicinati in genere non rovesciano le tendenze, ma le confermano e le consolidano. Con il rischio di trovarsi in una situazione non meno incerta di quella di oggi.

Tra gli argomenti pro-confronto Pd e M5s non c’è anche la legge elettorale? In fondo il Parlamento ha pur sempre varato un sistema proporzionale…

Tutti i partiti politici devono fare un atto di onestà: riconoscere che senza alleanze non nasce nessun governo, mentre in campagna elettorale ogni partito ha chiesto i voti per governare da solo e in modo autosufficiente, pur sapendo tutti che con la legge elettorale sarebbe stato impossibile. Almeno adesso ciascuno dica ai suoi elettori che intese sono necessarie.

Cosa intende per chiarimento politico prodromico a una discussione programmatica?

I cinquestelle hanno già cominciato a cambiare ma devono farlo radicalmente. Devono smetterla di avere toni demonizzanti come quelli usati per anni contro di noi e, invece, riconoscere che chi ha governato poteva avere legittimamente posizioni diverse da chi stava all’opposizione. E dovrebbero anche riconoscere un’altra cosa: che l’Italia di oggi è più solida di quella del 2013. Non dico che l’Italia di oggi non abbia problemi – ne ha tantissimi – ma nel 2013 ne aveva di più. Questo è intellettualmente onesto riconoscerlo.

Quanto peserà la scelta del nome dell’eventuale premier? Di Maio su questo aspetto non è apparso finora affatto propenso a trattare.

Penso che sia l’ultimo aspetto di cui discutere. Non si parte dalla premiership bensì dalla verifica delle condizioni politiche e poi programmatiche. Solo dopo si parlerà del governo e degli assetti. Ma viene dopo, non prima.

Su quali punti il Partito Democratico non è disposto a trattare?

Sono quelli indicati dalla nostra delegazione a Roberto Fico. Noi vogliamo una collocazione europeista netta dell’Italia contro ogni forma di chiusura sovranista. Vogliamo una politica economica che prosegua nel sostegno alla crescita e che espanda le opportunità di lavoro tutelato e le protezioni sociali contro disuguaglianze e povertà. Vogliamo una politica dell’immigrazione che non rinunci ad accoglienza e integrazione, assicurando naturalmente la necessaria sicurezza dei cittadini. E, in quarto luogo, vogliamo un rinnovamento delle istituzioni democratiche che rifugga da ogni forma di plebiscitarismo. Quattro punti fondamentali: Europa, crescita e lavoro, integrazione e sicurezza, democrazia.

Da questo punto di vista cosa ne pensa del contratto preparato da Giacinto Della Cananea? Sembra scritto apposta per parlare con voi.

Un materiale di lavoro. Registro in ogni caso che i cinquestelle hanno cambiato molte delle loro posizioni. Ad esempio per molto tempo hanno proposto un referendum per uscire dall’euro mentre le dichiarazioni di oggi di Di Maio e del gruppo dirigente pentastellato vanno in una direzione completamente diversa. Registro che il reddito di cittadinanza – a lungo presentato come una misura universale rivolta a tutti – sia stato derubricato a misura di sostegno in favore di disoccupati e persone in povertà: non molto diverso dal reddito di inclusione varato da Paolo Gentiloni. Registro che la crociata antiscientifica contro i vaccini è stata in gran parte silenziata. Evoluzioni che certamente rendono più possibile un confronto.

C’è però chi dice che il Pd in questo momento sia troppo debole e diviso per assumere una decisione così importante. Che ne pensa?

Lo vedremo alla Direzione. Inutile mettersi a divinare nella sfera di cristallo. Penso che da qui alla Direzione ognuno debba riflettere e ciascuno di noi debba ascoltare le ragioni dell’altro. E così cercare insieme la strada da percorrere. Mi auguro che nessuno venga al confronto con posizioni precostituite e pregiudiziali.

A questo punto quali sono i passaggi interni che ritiene debbano essere messi in campo in questo percorso?

Prima di tutto la Direzione. Poi dovremo sviluppare una forma di consultazione con la nostra gente perché è gusto che una decisione così delicata sia sottoposta a un vaglio democratico.

In molti – tra cui Stefano Ceccanti – chiedono anche il voto dei gruppi parlamentari. Ci dovrebbe essere a suo avviso?

Naturalmente, ci mancherebbe altro. I gruppi parlamentari sono i titolari della posizione del loro partito quando un governo si presenta in aula. E’ chiaro che debbano essere coinvolti.

In questa fase così delicata cosa consiglia a Matteo Renzi?

Di essere tra i protagonisti di questa scelta. Io ho sostenuto Renzi perché è un innovatore e riformatore, che non ha paura delle sfide. E’ una persona capace anche di “mosse del cavallo” ardite. Mi appello a questo Renzi.

Teme, però, che prevarrà un altro atteggiamento?

Non credo. Spero che Renzi – nelle modalità che gli sono proprie, perché ciascuno di noi ha il suo modo di agire – non si chiuda in un no pregiudiziale e cerchi di giocarsi la partita. Il suo contributo è fondamentale.

Ritiene che a questo confronto tra Pd e MoVimento 5 Stelle possa partecipare anche LeU?

Si vedrà. Stando alle dichiarazioni pubbliche, mi pare che anche Liberi e uguali si sia detto disponibile a un confronto.

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