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Il Pd e il suo ordinario sabato di follia

Diciamo la verità, anche con un pizzico di malinconia: lo spettacolo oggi messo in scena dal Pd è proprio modesto, respingente, anacronistico.

Il partitone (si fa per dire) della sinistra convoca all’Ergife (grande albergo romano, famoso per i concorsi) i 1021 delegati della sua assemblea nazionale, massimo organismo dirigenziale che però non si riunisce da un anno.

I lavori iniziano con due ore di ritardo perché nessuno si mette d’accordo con gli altri, confermando una vocazione inconcludente di certa politica che è all’origine di buona parte della disaffezione degli elettori.

Poi arriva l’accordo, che è condensabile in poche parole: tutto rinviato, non si decide nulla.

Renzi resta dimissionario ma presente più che mai, Martina reggente ma sotto tutela e tutto continua (malamente) come il giorno precedente, con un accordo di vertice esibito a beneficio dei media che nasconde fratture profonde piene di sospetti incrociati e malumori.
Precisiamolo allora che una certa franchezza: oggi il Pd ha fatto proprio una figuraccia, confermando di meritare il pessimo risultato delle elezioni di marzo.

Un partito che evita pervicacemente di mettersi davvero in discussione, un gruppo dirigente assai più impegnato a difendere piccole e grandi posizioni di potere (quand’anche all’opposizione), una tendenza tutt’altro che apprezzabile a considerare come unico orizzonte per il futuro la collocazione, pop corn alla mano, in poltrona, sperando che il governo Lega-M5S passi da un insuccesso all’altro.

Questo è il Pd di oggi, e questa giornata lo testimonia in modo piuttosto drammatico. D’altronde nulla accade a caso in politica.
La sinistra italiana ha vissuto negli ultimi due decenni intorno a tra “pilastri” programmatici che ormai da tempo mostrano la corda.
Ha campato definendosi “a contrario” del Cavaliere, che nel suo ruolo di “caimano” ha tenuto insieme il fronte avverso per lungo tempo.
Ha perpetuato una forma partito ormai uscita dalla storia (ancorché nobile), che avrebbe bisogno di essere archiviata per passare a più moderni strumenti d’azione politica.

Infine ha sviluppato una retorica sui “diritti” che si è schiantata contro la volontà del popolo italiano, che avrebbe bisogno di ben altro che provvedimenti come lo “ius soli”.

Il tunnel della sinistra italiana è lungo e buio, luce in fondo non se ne vede.

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