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Egitto e Usa. Shoukry a Washington per parlare di Gaza e commercio di gas

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Nelle ultime ore Sameh Shoukry, ministro degli Esteri egiziano, è volato a Washington e ha incontrato presso l’ambasciata d’Egitto l’inviato statunitense in Medio Oriente Jason Greenblatt per riavviare i colloqui di pace israelo-palestinesi. Lunedì scorso avevano sollevato diverse polemiche le dichiarazioni di Ze’ev Elkin, membro del gabinetto di sicurezza israeliano, che aveva dichiarato: “Per quanto ci riguarda, dopo che lo Stato di Israele ha lasciato Gaza, la responsabilità non dovrebbe essere imposta a noi. L’Egitto non è meno responsabile”. E ancora: “Abbiamo lasciato Gaza. Se qualcuno ci colpisce da Gaza, sarà colpito. Il mondo arabo risolva il problema umanitario interno alla Striscia. Perché dovremmo assumercene la responsabilità?”.

Dichiarazioni che certamente hanno sollevato la preoccupazione del Cairo, anche se questo non si è immediatamente espresso a riguardo. Allo stesso tempo anche un funzionario vicino a Netanyahu, alla domanda sulla corrispondenza tra il pensiero di Elkin e la linea politica adottata dal governo, ha glissato apertamente.

E proprio il colloquio a Washington è stata l’occasione giusta per mettere sul piatto della bilancia i nodi cruciali della questione. Shoukry, infatti, ha espresso, secondo quanto si legge sul comunicato rilasciato dal ministero del Cairo, “la contrarietà dell’Egitto alla repressione di civili disarmati sulla Striscia di Gaza e alle recenti pratiche israeliane che “minacciano i diritti storici e legali del popolo palestinese”. Il capo della diplomazia egiziana ha, dunque, avvertito che lo stallo nel processo di pace potrebbe avere gravi ripercussioni negative sul percosso di pace di pace in Medio Oriente e ha sottolineato la necessità che vi sia una “chiara prospettiva politica per raggiungere una soluzione pacifica”.

Greenblatt, dal canto suo, evidenziando il ruolo da protagonista degli Usa nella promozione del processo, ha messo in chiaro la sua favorevole opinione sugli sforzi compiuti dall’Egitto per il raggiungimento di tale obiettivo. I due, in definitiva, hanno concordato sul bisogno di continuare il coordinamento e la consultazione tra Egitto e Stati Uniti per calmare le tensioni palestinesi e porre fine allo stallo in cui versa il processo di pace.

Un passo importante che dirada le nubi confuse che si erano addensate dopo le dichiarazioni di Elkin e che avevano visto sollevarsi la preoccupazioni dei funzionari egiziani che ritenevano come queste potessero essere in linea con gli sforzi dell’amministrazione Trump di affrontare le rimostranze palestinesi con l’aiuto panafricano. E proprio un funzionario del Cairo aveva dichiarato a Reuters: “Siamo disposti a fare tutto il possibile per calmare la situazione a Gaza o per lavorare sulla riconciliazione palestinese. Ma non prenderemo il posto di Israele a Gaza. È il problema di Israele”.

EGITTO ESPORTATORE DI GAS

Dopo l’incontro con Greenblatt, per Shoukry è stata la volta del discorso alla Camera di commercio a Washington, dove ha incontrato i responsabili delle maggiori aziende statunitensi, tra cui Apache ed Exxon Mobil. “Vogliamo esportare energia pulita in Europa”, ha dichiarato il ministro degli Esteri egiziano. “L’Egitto ha l’obiettivo di diventare uno snodo regionale per il commercio di energia, dopo le grandi scoperte di gas nel Mediterraneo orientale, ma anche una piattaforma per esportare energia pulita e rinnovabile verso l’Europa”, ha aggiunto Shoukry.

L’obiettivo portato avanti dal capo della diplomazia del Cairo è dunque quello di ritagliarsi un ruolo nel mercato del gas, e lo fa sia informando le società statunitensi dei risultati del programma di riforme economiche che l’Egitto sta adottando dal 2016, sia invitando gli imprenditori americani a visitare la Zona economica del Canale di Suez. Un’area che offre particolari vantaggi fiscali alle industrie, invogliando in questo modo a promuovere i loro investimenti in Egitto. Shoukry ha poi allungato la mano agli Usa: “La partnership strategica tra gli Stati Uniti e l’Egitto richiede il rafforzamento della cooperazione in tutti i campi, non solo nel campo del petrolio e del gas”.

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