Nelle prossime due settimane il vero dilemma di Matteo Renzi si chiama la legge di stabilità 2015. Data la scarsità di risorse ci sono due alternative: a) misure di breve periodo che consolidino ed allarghino il consenso immediato del PD e del suo leader. Per esempio puntare tutto sull’estensione degli 80 euro alla fasce più deboli della popolazione, sulla concessione di qualche aumento alle forze dell’ordine e sulla sistemazione del maggior numero di insegnanti precari; b) oppure – pur senza rinunciare completamente alle prime misure – introdurre nella legge di stabilità interventi capaci di incidere nel medio periodo (e pertanto caratterizzate da un minor appeal elettorale).
Per esempio investimenti pubblici in: energia, difesa del suolo e infrastrutture, modernizzazione digitale, beni culturali e ricerca. In questo secondo scenario – pur se con risorse assai limitate per i limiti della spending review – la legge di stabilità del 2015 costituirà il primo serio tentativo di arrestare il declino. Non bastano certo 1000 giorni per riallineare l’Italia ai paesi più avanzati, ma la strada sarebbe finalmente tracciata.
Matteo Renzi ama rischiare e – per come lo conosco – ho motivo di ritenere che sceglierà la seconda alternativa, quella meno popolare. Ma visti gli stracci che volano il pericolo di una “finanziaria elettorale” resta ancora nell’aria. Per il Ministro Padoan ed i funzionari di Bruxelles alla fine ciò che conta davvero sono i parametri ed i saldi invariati, per Matteo Renzi, no.
Il premier deve dimostrare di non essere solo un bravo leader capace di vincere le elezioni. Renzi ha solo due settimane per tentare il grande salto: da leader politico a statista.
