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Guerra allo spreco

Da oltre dieci anni l’Europa riconosce l’importanza strategica, sotto il profilo economico e industriale, di una politica volta a fermare il riscaldamento globale e ridurre la dipendenza dal petrolio, adottando obiettivi ambiziosi in materia di riduzione delle emissioni di CO2 e promozione delle energie rinnovabili. In questo ambito, dal Protocollo di Kyoto ad oggi, il tema dell’efficienza energetica ha iniziato ad assumere sempre maggiore peso all’interno delle politiche dei Paesi dell’Europa a 27.
Dopo il vertice di Copenhagen e quello di Cancun temi quali il contenimento dei consumi e la diffusione di una valida cultura del risparmio energetico, sono destinati a diventare il filo conduttore delle politiche dei prossimi anni.
Anche l’Italia è chiamata a giocare la sua parte. L’efficienza energetica negli usi finali rappresenta, infatti, una leva fondamentale non solo per conseguire gli obiettivi europei, ma anche per trarne un vantaggio economico: prima di tutto, stabilizzando i consumi lordi di energia, per il nostro Paese sarà molto più semplice e meno dispendioso raggiungere la quota del 17% dei consumi coperti da fonte rinnovabile (obiettivo fissato al 2020 dalla nuova direttiva Ce 28 del 2009). Inoltre, la riduzione del consumo di energia primaria garantisce una ricaduta positiva sul contenimento dei gas serra, scongiurando, in questo caso, il pericolo di pesanti sanzioni da parte dell’Unione europea.
 
In questa ottica la pubblica amministrazione non può esimersi dal costituire una guida esemplare per quanti intendano imboccare la strada dell’efficienza. Riduzione dei consumi e quindi della bolletta energetica pubblica, gestione ottimale dei sistemi di climatizzazione ed illuminazione, coibentazione degli edifici, introduzione graduale della domotica, cogenerazione e impiego di fonti rinnovabili, dovranno diventare una prassi ordinaria per i soggetti responsabili del management energetico degli edifici pubblici. E il Gestore dei servizi energetici intende porsi come locomotiva di questo processo d’innovazione, grazie anche all’atto d’indirizzo varato dal ministero dello Sviluppo economico, nel novembre del 2009, che conferisce al Gse l’incarico di offrire la propria consulenza per le amministrazioni pubbliche che ne facciano richiesta. Questo provvedimento, che rientra nella più ampia legge 99 del 2009, oltre alla promozione, alla diffusione e allo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili, della cogenerazione e dell’efficienza energetica, prevede che il Gse possa anche supportare le Regioni e le Province autonome che ne facciano esplicita richiesta, nella redazione dei piani energetici e ambientali. Non solo. Nell’ambito del Piano d’azione nazionale per le energie rinnovabili (Pan), trasmesso pochi mesi fa a Bruxelles, il Gse è stato incaricato di sviluppare, a supporto dei ministeri competenti, il monitoraggio statistico, economico, ambientale e delle ricadute industriali connesse all’attuazione del Pan stesso. In particolare, il Gse implementerà e gestirà un apposito Sistema italiano di monitoraggio delle energie rinnovabili (Simeri) che, con il coinvolgimento diretto delle Regioni, consentirà di seguire l’evoluzione nel tempo nei tre settori interessati dal Piano d’azione nazionale e cioè elettricità, calore e trasporti.
 
L’Italia non parte da una posizione svantaggiata. Nel “rapporto sulla politica energetica italiana” dell’Agenzia internazionale dell’energia, presentato a febbraio scorso, si legge che «l’Italia, se confrontata con altri Paesi membri dell’Aie, ha sempre registrato un basso valore di intensità energetica (pari al rapporto tra domanda energetica totale e Pil) ed anche un basso livello di emissioni di CO2 per Pil pro-capite».
Anche dal punto di vista delle fonti rinnovabili sono stati fatti grossi passi in avanti, specialmente negli ultimi due anni. La produzione lorda di energia elettrica da fonti rinnovabili in Italia è passata dai circa 51mila GWh del 2000 agli oltre 69mila GWh del 2009. L’idroelettrico continua a giocare un ruolo predominante, con oltre il 70% dell’energia rinnovabile prodotta, ma anche le biomasse hanno fatto registrare una crescita rilevante, passando dal 3 al 10%.
A tale crescita esponenziale, ora il nostro Paese deve affiancare una seria politica di efficienza energetica. Nonostante il governo italiano, in attuazione della direttiva Ce 32 del 2006, abbia adottato il Piano d’azione per l’efficienza energetica (in cui ha stabilito un risparmio al 2016 del 9,6% rispetto al 2005), questa cultura stenta ad affermarsi. E la riduzione dei consumi nell’ultimo biennio, dovuta più che altro alla crisi finanziaria, non deve trarre in inganno.
Oggi c’è bisogno di una presa di coscienza seria da parte di tutti i soggetti interessati: i consumatori industriali, le aziende del terziario, fino ad arrivare al consumatore domestico ed ovviamente alla pubblica amministrazione. Deve essere avviata una massiccia campagna di comunicazione rivolta all’opinione pubblica, che consenta di cambiare usi e abitudini che ogni giorno impattano in modo negativo sui consumi energetici. Se tutti questi soggetti scenderanno in campo a favore dell’efficienza energetica, i benefici per la collettività saranno moltissimi, sotto ogni punto di vista.
 
L’efficienza energetica può costituire un proficuo punto d’incontro tra pubblica amministrazione e imprese private, unite insieme per raggiungere l’obiettivo di abbattimento degli sprechi e quindi della CO2. Dal canto loro le imprese potranno trarre grossi benefici economici dal perseguimento di questa politica. Basti pensare che Confindustria, nel “Piano straordinario sull’efficienza energetica”, stima, nel periodo 2010-2020, un valore aggiunto per il sistema Paese di oltre 14 miliardi di euro proveniente dalle politiche di efficienza energetica. Un guadagno che, in termini occupazionali, significa 800mila posti di lavoro in più, sempre nello stesso decennio.
Infine, un accenno va riservato alla ricerca scientifica. Le applicazioni industriali di nuove tecnologie, dovranno necessariamente essere supportate da un’adeguata ricerca scientifica, su tutti i settori. Una tecnologia più efficiente significa più investimenti, più occupazione e maggiore possibilità di ridurre i gas serra. Per questi motivi, per raggiungere gli obiettivi europei, saranno necessari anche strumenti di supporto mirati all’innovazione. In questo settore l’Italia può vantare strutture all’avanguardia come la società Ricerca sul sistema energetico-Rse spa, recentemente acquisita dal Gse, con lo scopo di coprire interamente la filiera energetica anche in un’ottica applicativa e sperimentale, con il fine ultimo di raggiungere la piena integrazione degli impianti da fonti rinnovabili. Un’integrazione necessaria, che costituisce la base di partenza per lo sviluppo di una vera e propria filiera delle fonti rinnovabili e di impianti ad elevata efficienza energetica.
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