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Fondi e sukuk, l’ora dell’Italia

Seppur “fisiologicamente” strumento meno incline ad essere utilizzato a fini speculativi, la finanza islamica non può essere considerata la migliore in assoluto, ma la sua valenza è strettamente connessa al tipo di utilizzo relativo. Proprio a questo riguardo, ancora oggi, ci si chiede se la finanza islamica sia stata meno duramente intaccata dalla crisi del credit crunch perché “intrinsecamente” migliore o perché “fisiologicamente” meno esposta e, dunque, più sicura. La comparazione risulta, quindi, fallace dal momento che i due strumenti vengono utilizzati in ambiti diversi. Nonostante le limitazioni intrinseche della finanza islamica, risulta più corretto intendere i due modelli come complementari piuttosto che dicotomici così come già avviene, oltre che nel mondo islamico ed orientale, anche in alcuni Paesi europei tra i quali la Gran Bretagna, la Francia e la Baviera che, per prima, nel 2004 ha emesso sukuk, ovvero bond islamici, per un ammontare complessivo di 123 milioni di dollari.
A livello europeo il Paese più attivo nel favorire l’integrazione tra i due modelli è la Gran Bretagna. Nel Paese, oggi, sono attive 5 banche islamiche oltre alle Islamic Windows presenti all’interno delle banche convenzionali. Dal 2006 i sukuk sono quotati nella Borsa di Londra e il Tesoro inglese sta valutando la possibilità di lanciarne l’emissione in sterline, iniziativa momentaneamente sospesa in seguito agli effetti negativi del credit crunch ma che dovrebbe essere presto riconsiderata. Alla Gran Bretagna segue la Francia, primo Paese europeo per numero di musulmani residenti, secondo nell’implementazione del sistema Shari’a compliant e terzo per relativi asset posseduti per un valore di 4 miliardi di dollari, dopo la Gran Bretagna che registra 30 miliardi di dollari e la Germania 7 miliardi di dollari.
 
L’Italia non risulta essersi ancora inserita in questo scenario dal momento che non possiede un quadro regolamentare giuridico-normativo, bancario e tributario che regoli le transazioni effettuate attraverso il veicolo della finanza islamica e che ne consenta l’interazione con le banche convenzionali, anche se si registrano già i primi tentativi che, si spera, possano prendere, quanto prima, forma e consistenza.
Le motivazioni a favore di un’offerta integrata di strumenti di finanza islamica e tradizionale si ritrovano nella possibilità di dare ad importanti investitori esteri quali, tra gli altri, i Paesi emergenti del Golfo ed i Fondi sovrani di investimento arabi, nonché alla crescente popolazione islamica presente in Italia ed in Europa, la possibilità di una duplice opzione di scelta di investimento, nonché di usufruire di un sistema analogo a quello di cui disporrebbero nel loro Paese, con una possibile diversificazione del rischio soprattutto in settori quali quello finanziario e delle infrastrutture. A sostegno di questa interazione ci sono anche i numeri positivi del trend mondiale di crescita della finanza islamica che ad oggi gestisce un capitale compreso tra gli 800 ed i mille miliardi di dollari, con previsioni di crescita fino a 1.600 miliardi entro il 2012. In rapida ascesa è anche il numero delle Istituzioni islamiche che dalle 10 dei primi anni ‘90, sono oggi 350, sparse in 60 Paesi al mondo, di cui 26 in Europa, per un patrimonio gestito di 500 miliardi di dollari con un tasso di crescita del 15%.
 
Tra i principali investitori che utilizzano con prassi ormai consolidata sia lo strumento islamico che quello tradizionale, vi sono, tra gli altri, i Fondi sovrani, ormai considerati tra i più grandi investitori mondiali per capitale potenziale di investimento, stimato oggi pari a 4000 miliardi di dollari e previsto essere per il 2020 di 10mila miliardi di dollari. Sono, infatti, la sesta potenza economica al mondo dopo Banche, Pil mondiale, Borse, Fondi Pensione ed Assicurazioni. Di questi, il 43,6%, ben 24 su 55, è rappresentato dai Fondi sovrani arabi che sono tra i più attivi nell’ambito degli investimenti Shari’a compliant e tra i primi nella ranking list mondiale, con un capitale potenziale di investimento pari a 1,6372 miliardi di dollari. Nel 2009 il capitale totale investito dai Fondi sovrani è stato di 68,8 miliardi di dollari, di questi il 18%, pari a 12,49 miliardi di dollari è stato investito in Italia mentre una percentuale pari al 30% è stata investita attraverso lo strumento della finanza islamica.
Alla luce delle considerazioni sin qui fatte, numerosi sono i possibili benefici per l’Italia provenienti dall’implementazione di un sistema di finanza islamica integrato a quello tradizionale, che non solo potrebbe portare il nostro Paese a raggiungere il livello degli altri Stati europei, ma anche ad essere in grado di soddisfare le esigenze della popolazione musulmana presente in Italia, ad oggi stimata essere nell’ordine di 1.293.704 individui secondo le stime Caritas/Migrantes del 2008.
 
Ulteriore vantaggio di questo veicolo è la possibilità di far emergere il sommerso fiscale e di attrarre investitori esteri, tra cui i Fondi sovrani arabi, che vogliano utilizzare questo strumento, nonché di favorire l’apertura verso nuovi mercati, quali Malesia e Marocco con il conseguente rafforzamento sia dell’integrazione finanziaria ed economica che dell’interscambio commerciale nell’area Euromediterranea e dell’Eurogolfo. Questa doppia possibilità, inoltre, non può che contribuire alla ripresa del mercato attraverso importanti iniezioni di liquidità e costituire una valida alternativa di investimento, spesso anche più sicura, della finanza tradizionale, anche se questo risulterà evidente solo una volta che il nostro sistema- Paese si sarà attrezzato per un tale cambiamento e noi ci auguriamo che questo possa avvenire presto.
Ad oggi, in tal senso, tra le proposte più concrete da attuare, vi è quella della costituzione di un tavolo interministeriale deputato allo studio della fattibilità dell’implementazione del sistema Shari’a compliant nel nostro Paese oltre a quelle dell’istituzione di due Fondi, uno di Venture Capital cofinanziato dalla Simest ed uno di Retail, entrambi Shari’a compliant, come proposto nel corso dell’ultimo Forum sulla finanza islamica, tenutosi in Abi, dall’ex vice ministro dello Sviluppo economico, Adolfo Urso.
 
Ha collaborato Alessandra Marcelletti
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