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Potenza sovrana

Modernità e tradizione da sempre si alternano e si confondono nel piccolo Stato del Qatar, 1,7 milioni di abitanti per una superficie di 11mila Kmq. Ed è un gioco antico, quello della dama, simbolo della tradizione qatarina, che il Paese si trova a giocare sul moderno scacchiere delle relazioni internazionali, mai come oggi esposto a repentini capovolgimenti. Ed è una strategia sottile quella che lo Stato ha intrapreso a livello internazionale a partire dal 1995 quando l’erede al trono Hamad bin Khalifa Al Thani, depone con un colpo di Stato non violento il padre Khalifa bin Hamad Al Thani, dando avvio a riforme significative, spesso invise all’ala più conservatrice. Si riconosce il diritto di voto alle donne (30 dei 45 membri del Parlamento sono eletti con suffragio universale mentre 15 nominati dall’emiro) e viene concessa la libertà di culto ed un terreno per l’edificazione di quattro chiese cristiane.
 
Si tratta di una svolta epocale per la politica del Paese a favore della modernizzazione dello Stato, della diversificazione dell’economia e dell’investimento nell’istruzione e nella cultura. Nasce, così, Qatar Foundation, centro di eccellenza e di valorizzazione del capitale umano in previsione dell’esaurimento delle scorte energetiche nazionali. Grazie, dunque, ad una interpretazione del wahabismo più aperta e tollerante, l’emirato si svincola ulteriormente dalla protezione dell’Arabia Saudita e dà inizio ad un nuovo corso politico che vede il prestigio del Paese aumentare sia a livello regionale sia internazionale. Seguono scelte coraggiose, tra le quali la creazione, nel 1996, della televisione nazionale Al Jazeera, unico network della regione “formalmente” indipendente dal punto di vista editoriale seppur finanziato dell’emiro, e vero e proprio network di riferimento del mondo arabo. Strumento di alto valore internazionale, nonché vera e propria arma non convenzionale della scaltra diplomazia qatarina, Al Jazeera ricopre un ruolo fondamentale negli avvenimenti della primavera araba dove scende a fianco degli insorti, dando loro voce e schierandosi a favore del cambiamento.
 
Grande abilità diplomatica, influente capacità mediatica e straordinaria ricchezza economica rendono il Qatar un player strategico, capace di incidere sui più importanti eventi regionali, ma proprio perché si tratta del Golfo Persico con implicazioni mondiali. Piccolo nella sua estensione territoriale ma grande nelle sue aspirazioni, lavora all’allargamento della propria sfera di influenza, forte dell’appoggio degli Usa che proprio in Qatar hanno la loro principale base del Golfo, “Al Udeid” che ospita 40mila soldati, e delle sue ingenti risorse energetiche. È, infatti, il terzo produttore al mondo di gas e primo esportatore di Lng. Ed è proprio dai proventi delle rendite energetiche che origina il capitale del fondo sovrano, la Qatar investment authority (Qia), dodicesimo al mondo per patrimonio ($85 mld) dai cui investimenti molto si può capire della politica estera del Paese e dei suoi principali legami economici. Primo tra tutti quello con la Germania, con cui è stato recentemente firmato un MoU nell’ambito dell’energia rinnovabile e costituita una joint venture attraverso Qatar diar, veicolo finanziario di Qia e Deutsche Bahn per la costruzione del sistema ferroviario nazionale, del valore di $17 mld, quale parte integrante del sistema di collegamento dei Paesi del Gcc. Significativo, a questo riguardo, il consorzio di investimento tra il fondo sovrano qatarino e quello libico, la Libyan investment authority, per lo sviluppo di progetti infrastrutturali e turistici sulla costa africana ed attività congiunte nel settore bancario. Interessi economici, dunque, e motivazioni politiche sia in termini di visibilità internazionale sia di rilevanza regionale, giocano un ruolo determinante nella scesa in campo, in favore degli insorti, del Qatar in Libia. Forte la sua azione diplomatica, con l’appoggio alla no-fly zone ed il riconoscimento immediato, subito dopo la Francia e primo tra i Paesi arabi, del Cnt e del suo presidente Mustafa Abdel Jalil, accolto con grandi onori a Doha.
 
Ulteriore supporto è stato dato sotto forma di denaro (si parla di almeno $400 milioni), cibo, medicinali, armi (anti-tank di fabbricazione francese e Mirage), divise, di un contingente di addestramento, di un nuova emittente televisiva, la Libya Tv, nonché del supporto alla commercializzazione del petrolio a favore degli insorti. Gli effetti dell’azione internazionale qatarina si riflettono sia all’interno della Lega araba dove il Qatar addirittura aspirava alla nomina del proprio candidato Abdel Rahman al-Atiyyah a segretario generale, che nei rapporti bilaterali con l’Arabia Saudita, rafforzatisi grazie all’intervento del Qatar a sostegno della monarchia sunnita filo-saudita del Bahrain in occasione dei recenti scontri. Allo stesso tempo però, significativo risulta il legame silente ma costante con l’Iran, con cui condivide giacimenti off-shore di gas e per il quale potrebbe rappresentare un nuovo interlocutore privilegiato in vista del progressivo indebolimento dell’“asse della resistenza”. Dopo il Libano, la Palestina ed il Sudan, ecco che il Qatar entra nuovamente in campo in una crisi internazionale alla ricerca della legittimazione del proprio prestigio e del proprio ruolo politico nei principali forum mondiali. Così in uno scacchiere internazionale ancora in via di definizione dove vecchi equilibri risultano ormai superati e nuove alleanze in via di definizione, si attende la prossima mossa di questo piccolo Paese che, mai come ora, può far valere il suo peso sull’instabile bilancia delle relazioni internazionali.
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