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Fiscal compact, Villafranca: “Va bene l’Austerity ma non basta”

Il fiscal compact, il patto europeo di bilancio per irrigidire le regole di disciplina dei bilanci pubblici, ha visto finalmente la luce pochi giorni fa e sarà firmato a marzo da 25 Paesi (no di Gran Bretagna e Repubblica ceca), lo spread continua a scendere e dalle borse europee giungono caute buone notizie (oggi Milano chiude a + 0.07, Parigi e Francoforte in lieve rialzo, ma ai massimi di agosto, + 0,27% e +0,59%) restano prudenti, ma si attestano sopra la parità. I momenti più bui della crisi sono ormai alle nostre spalle? “Dobbiamo mantenere alta la guardia”, afferma Antonio Villafranca, senior research fellow e head del programma Europa dell’Ispi che giudica l’accordo “un passo importante ma non ancora sufficiente, come del resto ha sottolineato anche il presidente Monti. Va bene l’austerity, essa è fondamentale ma non basta”.
 
Il vero problema dell’euro, sottolinea Villafranca, “è la mancata convergenza economica tra i Paesi dell’eurozona. Se pensiamo agli elementi di competitività delle varie nazioni, osserviamo andamenti assai divergenti. La Germania è riuscita ad avere un surplus enorme grazie alla produttività del lavoro e a una moderazione dell’inflazione. È andata in maniera completamente diversa invece per i cosidetti Piigs, compresa l’Italia, stretta dal peggioramento della produttività e dalla crescita dell’inflazione. A questa differenza non si riesce a dare risposta solo attraverso una politica di irrigidimento fiscale come quella promossa dal Fiscal compact ma attraverso tutte le politiche economiche, tutto deve muoversi verso lo stesso obiettivo”.
 
Ciò influisce anche sul ruolo della Banca centrale europea, unica autorità centrale sulla politica monetaria dell´eurozona. “Ma come può occuparsi di situazioni così divergenti? Le misure adatte per una nazione ne danneggiano un’altra. Bisogna trovare dei meccanismi forti che riequilibrino questi scompensi”, conclude Villafranca.
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