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La minaccia della “mentalità twitter”

Pensare in 140 caratteri è “un esercizio quotidiano di igiene mentale, uno spazzolino per il cervello”, spiegava più di un anno fa uno dei primi fan italiani di twitter, Beppe Severgnini, dalle colonne del Corriere della Sera. Dopo di lui sempre più connazionali lo hanno seguito (188.858 i suoi followers!) e hanno scelto questo modo di comunicare, divertendosi e arrovellandosi a sintetizzare tutto in poche parole. Non solo giornalisti, ma anche gente comune e non ultimo tantissimi politici.
Dire tutto, subito, in un cinguettio è un dono, del resto non è un caso che Italo Calvino abbia dedicato una delle sue Lezioni americane alla rapidità.
 
Eppure in un´epoca che è essa stessa “da tutto e subito”, la giornalista canadese Rachel Marsden ci pone un dubbio: la mentalità twitter è una minaccia? Si chiede l´analista politica:
“Quando è stata l´ultima volta in cui avete sentito un politico americano parlare di una visione che vada dai 30 ai 50 anni? La maggior parte nascono nel giorno dell´ultimo sondaggio e aspettano bramosamente il successivo per vedere se la loro salvezza è garantita”.
 
Non è che la “visione” che deve appartenere a chi fa politica si sta riducendo allo spazio di un tweet? Gli esponenti di tutti i partiti che cinguettano ogni giorno slogan da 140 caratteri sono ancora capaci di pensare in maniera più complessa, più articolata rispetto all´hashtag del giorno e a focalizzarsi invece sui tanti giorni ancora a venire dei loro elettori, elaborando programmi, strategie, previsioni di lungo periodo?
In fondo, decenni prima della nascita del popolare social network, l´aveva sintetizzato in 79 caratteri Alcide De Gasperi: “Il politico pensa alle prossime elezioni. Lo statista alla prossima generazione”.
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