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Emilio Fede, chi lo omaggia (e chi no)

Ieri Aldo Grasso, oggi Vittorio Feltri. Entrambi hanno scelto di fare l´“onore alle armi” a Emilio Fede, dopo il suo addio forzato al Tg4, telegiornale che ha diretto per 23 anni.
Giornalista molto criticato e criticabile, come negarlo, ma i suoi colleghi di Corriere e Giornale si sono sentiti in dovere di salutarlo con stima e rispetto, sottolineando la sua “spudorata onestà” e il fatto che è stato, nel bene e nel male, un protagonista del giornalismo televisivo.
“Senza Fede, non c’è più religione”, scrive Feltri mentre secondo Grasso, l’ormai ex direttore del Tg4 “ha sempre fatto informazione da one man show”.
 
E Mediaset, l’azienda a cui Fede ha dato l’anima per oltre vent’anni, come gli rende omaggio? Con questo scarno comunicato:
“In una logica di rinnovamento editoriale della testata, cambia la direzione del Tg4. Dopo una trattativa per la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro non approdata a buon fine, Emilio Fede lascia l´azienda. Mediaset lo ringrazia per il lavoro svolto in tanti anni di collaborazione e per il contributo assicurato alla nascita dell´informazione del Gruppo. Giovanni Toti, direttore responsabile di Studio Aperto è il nuovo direttore designato del Tg4″.
 
Un gelido ringraziamento, poche formali parole e avanti un altro. E’ il business, bellezza! E’ la logica aziendalista che non guarda in faccia a nessuno. Del resto, un atteggiamento simile l’avevamo visto anche con Mike Bongiorno, a cui non era stato rinnovato il contratto senza troppi giri di parole, dopo aver fatto la storia del Biscione e della tv. “Gli uomini nel peggio sono tutti uguali. Il direttore di un giornale, e in genere ogni capo, un minuto dopo non esserlo più, è un poveraccio e come tale viene trattato”, stigmatizza Feltri. E forse questo non capita solo ai capi ma a chiunque in un dato momento non serve più. Au revoir et merci, è tutto.
 
Forse Mediaset ha seguito l’idea del celebre Dr.House che in una vecchia puntata spiegava: “Mi lasciano perplesso le feste di addio. Ha un che di offensivo fare una festa quando uno se ne va”.
Eppure, se non una festa, ci sarebbe piaciuto vedere un po’ di cuore, un po’ di umanità nel commiato a un giornalista che ieri salutava i suoi ascoltatori con le lacrime agli occhi e ripeteva “Ma non è un addio, è un arrivederci”. Verrebbe da augurargli il più lontano possibile dal Laghetto dei Cigni di Milano due.
 
 
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