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Calcio italiano: è tempo di una rivoluzione copernicana

C´è una singolare amarezza nel vedere dove sta scivolando il nostro povero calcio, quello che un tempo era il più “bel campionato del mondo”. Poco incisivi in Champions ed Europa league, alla fine di ogni stagione siamo sempre più in basso nel ranking internazionale e mercati nuovi come la Francia o la Turchia (non a caso Paesi dove stanno entrando nuovi investitori o dove l´economia non è così asfittica come quella tricolore) stanno erodendo importanti quote e posizioni nella geopolitica del calcio internazionale.
 
Ma una riflessione bisognerebbe farla a monte: dove sono stati investiti i soldi dei diritti tv, che prima a livello individuale e poi collettivo (dall´approvazione della legge Melandri-Gentiloni), sono arrivati a pioggia nel calcio italiano in questi ultimi 20 anni? Un bagno di denaro perso in mille rivoli senza costruire nulla, e dire nulla è un “eufemismo”.
Credo che per ripartire bisognerebbe fare tutti (a partire dai presidenti) un grande esame di coscienza e forse qualcuno di questi dovrebbe “lasciare” passando la mano a chi ha più competenze manageriali per gestire il cambiamento epocale che impone il calcio del Terzo Millennio.
 
Non c´è più spazio per la passione, ma solo per una managerialità abbinata a una grande conoscenza del football, sotto il profilo tecnico.
Se così non sarà ci troveremo di fronte nel futuro a un campionato “povero” e poco “attractive” come amano dire gli americani. E´ tempo di cambiare, partendo dagli uomini, cioè dalle risorse manageriali. Vedo infatti troppi calciatori e pochi manager, soprattutto di qualità.
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