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Così si è festeggiato a Ramallah

Scene di giubilo nel cuore della notte – fra spari in aria, canti e bandiere al vento – hanno salutato in una Ramallah agghindata a festa la vittoria diplomatica strappata a New York da Abu Mazen, con il larghissimo voto favorevole dell’Assemblea generale al riconoscimento della Palestina quale Stato osservatore non membro dell’Onu. Un passaggio storico, ancorché simbolico, che sembra poter risollevare le sorti del presidente moderato dell’Anp dopo che le Primavere arabe e l’epilogo del recente conflitto Israele-Hamas erano parsi sminuirne il peso a beneficio dei rivali islamici al potere nella Striscia di Gaza. A Gaza la leadership di Hamas si è tenuta in queste ore in disparte: ma si è trovata costretta ad ammettere almeno che il voto sulla Palestina è uno sviluppo positivo; e, in un atto di distensione, ha concesso per la prima volta da anni ai militanti di al-Fatah – il partito laico di Abu Mazen, annientato nella Striscia nel 2007 al culmine di una cruento conflitto interno – di attraversare in corteo il centro della città.

Ramallah, intanto, si era colorata di bandiere nazionali e gagliardetti in ogni angolo dalle prime ore dell’alba, mentre le gigantografie di Arafat e di Abu Mazen coprivano quasi totalmente le facciate di alcuni edifici. Nella centralissima piazza dedicata a Yasser Arafat, parata per l’occasione, le celebrazioni sono andate avanti per tutto il giorno, animate da migliaia di persone al suono di inni, accompagnati a tratti da incitazioni religiose: “Allah u Akbar” (Dio è grande). Sul palco delle autorità si sono alternati rappresentanti di tutte le fazioni palestinesi: significativamente, qualcuno anche di Hamas e Jihad islamica, nel segno di una riconciliazione con i laici di Al Fatah che torna a fare capolino sia pur ancora in fase embrionale. Finché, a tarda sera, sono state le parole del discorso dello stesso presidente dell’Anp, da un maxischermo collegato con Palazzo di Vetro, a scatenare nuovi entusiasmi. E dopo la mezzanotte locale coloro che avevano resistito in piazza in attesa del voto hanno potuto salutare con un boato, con manifestazioni di tripudio (e salve di fischi di disapprovazione verso la rappresentante Usa, Susan Rice, paladina del “no” d’ordinanza di Washington) l’esito della partita. Esito trionfale agli occhi dei palestinesi. Atteso e pregustato per l’intera giornata da una piazza nella quale si sono visti pure i folcloristici rabbini ortodossi anti-sionisti dei Neturei Karta, che – in base al loro estremo verbo religioso – aborriscono lo stato d’Israele in quanto non fondato dal Messia.

Tutt’attorno il clima di attesa dei palestinesi ha incrociato sentimenti di forte emozione, a toni di sano realismo e persino a tracce di scetticismo. “Sono al settimo cielo”, ha commentato per strada Nour Salameh, dell’università di Birzeit.

“Ma so anche che sarà una festa di breve durata. Domani l’occupazione israeliana sarà ancora qui, con tutti i problemi che comporta. Eppure vincere piace a tutti: sopratutto a noi palestinesi, che di vittorie ne abbiamo viste ben poche”.

A Gaza, nelle stesse ore, non pochi abitanti si stropicciavano gli occhi nel vedere, nel cuore della roccaforte di Hamas, un’adunata compatta che agitava le bandiere gialle di al-Fatah e quelle rosse Fronte democratico, d’ispirazione marxista. La memoria di molti è corsa al non lontano novembre 2008, quando, nell’anniversario della morte di Arafat, al-Fatah cercò di organizzare un raduno di massa nel medesimo luogo, disperso senza misericordia dalle milizie islamiche.

Questa volta Hamas non ha invece disturbato il corteo, né gli slogan d’incoraggiamento ad Abu Mazen, pur tenendosene a distanza come la Jihad islamica. Nella Striscia il dibattito all’Onu ha destato d’altronde un interesse moderato, nella diffusa persuasione che la situazione sul terreno – nonostante l’euforia per la vittoria proclamata da Hamas due settimane fa dopo l’ultimo sanguinoso scontro con Israele – non sia certo destinata a essere modificata dagli avvenimenti di New York.

Un dirigente di Hamas, Ghazi Hamad, ha comunque dichiarato che la popolazione dei Territori si felicita tutta insieme del voto all’Onu. “Ma l’Anp – ha avvertito – deve capire che, dopo 20 anni di negoziati, occorre pure rilanciare la lotta contro l’occupazione. E per farlo bisogna puntare alla riconciliazione, recuperare l’unità nazionale. Se non vi riusciremo, anche la risoluzione dell’Onu sarà spazzata via dal vento”.

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