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Una soluzione alla francese per la Tobin tax

Caro direttore, mi permetto di richiamare l’attenzione su alcuni specifici contenuti del disegno di Legge di Stabilità recentemente presentato dal governo che, come noto, all’art. 12, commi da 18 a 21, prevede l’introduzione di una imposta di bollo su transazioni finanziarie (c.d. “Tobin Tax Italiana”).
 
Prescindendo dalle preoccupazioni che l’eventuale introduzione dell’imposta suscita, in via generale, con riferimento alla competitività – se non la stessa sopravvivenza – della Borsa italiana e dell’industria finanziaria nazionale, desidero evidenziare le specifiche criticità della prevista tassazione sugli strumenti finanziari derivati, poco conosciuti e quindi spesso oggetto di non corretta informazione.
In particolare, il comma 19 della norma in discussione dispone l’applicazione dell’imposta, nella prevista misura dello 0,05%, sul valore nozionale di riferimento di tali contratti.
 
Il valore nozionale è il valore di riferimento sul quale è calcolata la prestazione dei contraenti, ma non costituisce il controvalore effettivamente scambiato tra gli stessi.
 
L’applicazione dell’imposta, pertanto, risulterebbe fortemente distorsiva, con esiti spesso paradossali in termini di elevatissima e sproporzionata incidenza della stessa sull’effettivo contenuto economico delle transazioni sottostanti, come meglio potranno evidenziare gli esempi che riporto in allegato, riferiti a operazioni di frequente e comune utilizzo, anche da parte delle imprese.
La stessa Relazione di accompagnamento al DDL, infatti, evidenzia una stima di riduzione dei volumi negoziati su strumenti derivati, per effetto dell’applicazione dell’imposta, dell’80% che, come è evidente, equivarrebbe a una sostanziale chiusura dei relativi mercati.
 
Le potenziali conseguenze sarebbero di gravità estrema, andando fortemente a condizionare, se non completamente inibire:
– le operazioni di copertura abitualmente realizzate dalle imprese a fronte di rischi tipici della gestione, quali coperture su tassi di interesse (in particolare operazioni di swap su tassi di interesse a breve e lungo termine), compravendite a termine di valute e merci, etc.;
– le operazioni di copertura abitualmente realizzate dalle banche nella ordinaria gestione della propria posizione di liquidità, nonché, in generale, nell’Asset and Liability Management; come è evidente, l’efficace gestione dell’ALM incide direttamente sulla capacità di erogazione a favore di famiglie e imprese;
– le operazioni di copertura abitualmente realizzate sui portafogli di investimento nella gestione professionale del risparmio, ovvero anche da parte dei singoli risparmiatori.
 
E’ quindi evidente come non si tratti solo di evitare conseguenze potenzialmente irreversibili sulla Borsa italiana, sul risparmio e sul funzionamento del mercato bancario e finanziario nazionale (una volta si sarebbe detto la “piazza finanziaria italiana”), ma anche di far sì che le imprese non siano private di strumenti di copertura o di mitigazione dei propri rischi.
 
L’auspicio è che, quanto meno, laddove si preceda all’introduzione dell’imposta in discussione, la stessa possa mutuare i contenuti della analoga imposta recentemente introdotta in Francia, la quale prevede espressamente la non applicabilità agli strumenti finanziari derivati.
 
Graziano Tarantini
Presidente di Banca Akros
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