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Gli ultimi sondaggi (segreti) sulle elezioni in Italia svelati in Francia

Beppe Grillo? Sottostimato. E il Pd non potrà prescindere da Monti, che cullerà ancora il sogno di succedere a Napolitano. Fantascienza per alcuni, scenari più che plausibili per Roberto D’Alimonte, professore di Scienze politiche all’università Luiss “Guido Carli” di Roma, intervistato dal quotidiano economico francese Les Echos.

Monti, il “finto” riformatore che aiuterà Bersani
“Monti – si legge nell’intervista – ha contribuito alla frammentazione dell’offerta politica, ma ‘a priori’, la sua candidatura consentirà la formazione d’un governo di centrosinistra”, un fattore positivo per il professore della Luiss.

C’è spazio anche per una critica al presidente del Consiglio, reo a suo dire di aver “esitato troppo a lungo” nello scegliere se candidarsi, dovendo così fare necessariamente affidamento su partiti esistenti. “Se avesse preso prima la sua decisione – chiosa D’Alimonte – avrebbe potuto fare qualcosa di più nuovo. Questo è il suo peccato originale: Monti si presenta come il riformatore e il rinnovatore, ma i suoi due maggiori alleati, Gianfranco Fini (Fli) e Pier Ferdinando Casini (Udc), sono parte della vecchia classe politica. Questo può lasciare gli elettori confusi”.

“Detto questo – conclude il professore della Luiss – credo che l’alleanza Bersani-Monti possa funzionare. Se Mario Monti prendesse il 15% dei voti, potrebbe anche andare al Quirinale”.

Il post-voto e il rischio d’ingovernabilità

Cosa accadrà subito dopo le elezioni? Il rischio d’ingovernabilità è un’ipotesi da prendere in seria considerazione per D’Alimonte. “Se da un lato c’è un’alta probabilità che Pier Luigi Bersani ottenga la maggioranza alla Camera dei Deputati, è altrettanto probabile che non sarà lo stesso per la maggioranza assoluta al Senato. E così farà un patto con Mario Monti: è questa l’ipotesi più plausibile”.

D’altro canto, a causa del premio di maggioranza su base regionale al Senato, esisterebbe comunque un rischio d’ingovernabilità se Silvio Berlusconi dovesse vincere in sette delle venti regioni: Lombardia, Veneto, Campania, Sicilia, Friuli, Puglia e Calabria, il che è improbabile ma possibile. In questo caso, anche collaborando Bersani e Monti non avrebbero comunque la maggioranza.

“Per formare un governo – sottolinea il professore della Luiss – non ci sarebbe altro da fare che allearsi con Beppe Grillo o fare una grande coalizione. Ecco qual è il rischio di ingovernabilità. Ad ogni modo la Lombardia sarà la vera regione decisiva per il Senato, perché chi vince in questa regione conquista in un solo colpo 27 seggi”.

La sorpresa Grillo e il peso degli scandali

Per D’Alimonte il rischio di una sottovalutazione del risultato del Movimento 5 stelle è reale.
“Beppe Grillo è già stato una sorpresa in Sicilia alle ultime elezioni regionali. Tuttavia, durante le ultime tre settimane, con l’emergere degli scandali Monte dei Paschi di Siena (Mps) e Finmeccanica, il suo movimento ha cominciato a guadagnare consensi e potrebbe raggiungere quasi il 20% e affermarsi come il secondo partito italiano superando quello di Silvio Berlusconi.”

Non più un fenomeno passeggero, dunque, dall’elettorato trasversale. “Si tratta – aggiunge – di un partito ‘ecumenico’: è nato a sinistra, ma a poco a poco ha preso posizioni che non sono progressiste sull’euro e l’immigrazione. Tra i giovani è senza dubbio il primo partito del Paese, ma il suo seguito si è ampliato. Ciò è legato al suo obiettivo di ‘rottamare’ la vecchia classe politica e all’uso del web come mezzo privilegiato di propaganda. In più, l’affare Mps ha danneggiato il centrosinistra”.

Bersani e Hollande, personalità simili dai futuri differenti

Secondo D’Alimonte il premier francese François Hollande e il leader del centrosinistra italiano Pierluigi Bersani sono “due personalità molto simili, con un profilo modesto”, con una sola differenza: la legge elettorale che li eleggerà. “La vera differenza tra i due – chiarisce – è che Hollande è stato eletto con il 29% del voto popolare al primo turno, ma grazie alla magia del sistema elettorale francese, è diventato il 52% al secondo turno. Bersani potrebbe essere eletto con la stessa percentuale, ma nel sistema italiano, rimarrà il 29%”.

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