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La Cina decide la condanna a morte per le frodi finanziarie

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Con le frodi finanziarie non si scherza, a Pechino. Una cinese è stata condannata a morte per aver ingannato degli investitori per più di 80 milioni di euro. Lin Haiyan, 39 anni, originaria e residente a Wenzhou nella provincia di Zhejiang, nella Cina orientale, bastione dell’economia privata cinese, è stata riconosciuta colpevole di aver sottratto 640 milioni di yuan (81 milioni di euro) a investitori privati, secondo il quotidiano economico Meiri Jingji Xinwen.

Le perdite in borsa

Da quando aveva cominciato a raccogliere fondi nel 2007, Lin collocava il denaro in Borsa, perdendo molto. Invece di ammettere le enormi perdite, annunciava importanti profitti ai suoi investitori per continuare a farsi consegnare denaro con il quale rimborsava i precedenti prestiti e continuava a giocare in Borsa. La frode è emersa nell’ottobre 2011, quando a fronte di una nuova colossale perdita di capitale, Lin Haiyan non è stata in grado di rimborsare più di 428 milioni di yuan.

I precedenti

Nel 2009, la condanna alla pena capitale di un’altra donna d’affari, Wu Ying, anche lei nello Zhejiang, per il medesimo reato, aveva provocato una levata di scudi nell’opinione pubblica. Dapprima confermata in appello dall’Alta Corte della provincia, la sentenza alla fine era stata commutata in ergastolo su ordine della Corte suprema cinese.

La crisi del credito di Wenzhou

A Wenzhou, i prestiti clandestini sono all’ordine del giorno. Nel 2011, la città è stata colpita da una crisi del credito che ha spinto alcuni imprenditori al suicidio e altri a darsi alla macchia per sottrarsi ai creditori. La Cina sta attualmente rafforzando i controlli sui prestiti non regolamentati. Il mese scorso il governo ha annunciato l’arresto di 4.170 persone per “raccolta di fondi illeciti”.

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