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Quelle nuove regole che le 3 sorelle del rating non temono

In tutta franchezza, risulta assai difficile credere che la progressiva entrata in vigore delle norme contenute nella “CRA3” possa effettivamente mettere un minimo di ordine nel “mondo del rating” e limitare le distorsioni e le asimmetrie concorrenziali che l’oligopolio costituito dalle 3 sorelle del rating, Moody’s, S&P e Fitch, ha fino ad oggi generato. La difficoltà, infatti, sta nell’intervenire efficacemente in una situazione praticamente cristallizzata, caratterizzata dalla presenza di pochi players di dimensioni preoccupanti oltretutto legati tra loro da intrecci azionari o influenze dominanti. Per convincersi di ciò basterà ricordare che le 3 sorelle controllano circa il 96% del “mercato del rating”e che nel capitale di Moody’s e S&P troviamo i più grandi fondi e società di investimenti del mondo quali Berkshire Hataway (Worren Buffet), Blackrock Inst. Trust, Capital World Investors e Vanguard Group.

A ciò dobbiamo aggiungere che alcuni di questi fondi detengono partecipazioni in entrambe le società di rating citate e che gli stessi, a loro volta, appaiono strettamente connessi a primarie banche d’investimento quali Goldman Sachs, JP Morgan e Morgan Stanley. Ma il malfunzionamento del meccanismo dominato dall’oligopolio delle 3 sorelle è emerso in tutta la sua gravità proprio nel corso dell’attuale crisi. Prima l’attribuzione di rating “investment grade” a titoli che poi si sono rilevati in realtà tossici ha permesso a questi ultimi di penetrare come un cavallo di Troia anche nel portafoglio di quei soggetti istituzionali di natura assolutamente non speculativa (i fondi delle vedove e degli orfani direbbero gli inglesi).

Successivamente le continue esternazioni, previsioni e commenti “unsolicited” sui rischi sovrani e sui Paesi in crisi conclamata hanno contribuito non poco a creare picchi di isterismo in mercati con i nervi già a fior di pelle. Significativo a questo riguardo il report diffuso a mercati aperti da Moody’s il 6 Maggio 2010 che, in un momento delicatissimo della crisi, ha pensato bene di divulgare, con perfetta scelta dei tempi, un report in cui si evidenziava un concreto rischio di contagio da parte dei sistemi bancari di ben 5 Paesi europei. In uno scenario di questa portata appare dunque difficile essere ottimisti riguardo alla reale capacità delle nuove regole sul rating di modificare in maniera apprezzabile la situazione riducendo al contempo lo strapotere dell’oligopolio delle 3 sorelle. In effetti le nuove norme che obbligano, ad esempio, le società di rating a comunicare allo Stato la modifica del rating con un giorno di anticipo rispetto all’annuncio pubblico o quelle che imporranno alle medesime di modificare i rating sovrani “unsolicited” solo 3 volte l’anno in date prefissate appaiono ben poca cosa rispetto alle reali dimensioni del problema.
Come ben poca cosa appaiono quelle norme che obbligano le aziende ad una rotazione delle agenzie di rating utilizzate o che prevedono limiti piuttosto aggirabili alla possibilità di detenere partecipazioni in più agenzie di rating. In realtà sono di ben altra portata gli interventi che si renderebbero necessari per correggere le distorsioni attualmente esistenti nel settore del rating. Da questo punto di vista appare innanzitutto di fondamentale importanza “annacquare”, il giudizio espresso dalle 3 sorelle: questo giudizio deve cessare di essere considerato “il giudizio” per eccellenza, unico ed inappellabile, per diventare, semplicemente, “uno dei giudizi” espressi dal mercato. Risulta evidente che per arrivare a ciò è necessario favorire l’affermazione delle altre società di rating già esistenti sul mercato conferendo maggior peso alle loro valutazioni. Appaiono senz’altro coerenti a questa impostazione sia la decisione della Bce di limitare l’oligopolio delle 3 sorelle utilizzando per le proprie valutazioni anche il giudizio della canadese Dbrs ltd, sia l’autorizzazione ad operare appena concessa dall’Esma alla società di rating cinese Dagong. Al contrario desta notevoli perplessità il continuo arenarsi del progetto concernente la creazione di una Agenzia europea di rating, nuovamente bloccata in attesa di ulteriori approfondimenti.

Francamente, le motivazioni del rinvio tra le quali spicca il timore di possibili “interferenze” da parte dei governi a danno dell’indipendenza dell’agenzia appaiono piuttosto fragili: la mia personale convinzione è che sia di gran lunga meno temibile una qualche interferenza da parte di un qualche governo rispetto alla inquietante pressione esercitabile da un fondo di enormi dimensioni su una società di rating ad esso collegata.

 

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