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Forza Italia bis, Marx direbbe: “Una tragedia che si ripropone come farsa”

Scomoda l’assioma di Marx della “tragedia che si ripropone come farsa” il giornalista Paolo Franchi, ex direttore del Riformista e firma del Corriere della Sera, a proposito del restyling di Forza Italia. Franchi in una conversazione con Formiche.net ragiona su quel passato tradito che chi propone una mera riproposizione vorrebbe riscattare. Ma non senza rischi.

Forza Italia, An, qualcosa di centro: va di moda il restyling o in Italia mancano le idee nuove?
Più che un restyling mi sembra un tentativo che andrebbe studiato in termini di psicologia di gruppo. Ovvero l’idea che ci siano delle origini e un passato a cui si possa ritornare: chiariamo, un passato glorioso. È un passaggio che colpisce e che è sempre avvenuto, penso ai frangenti storici in cui una grande forza giunse a compimento del proprio percorso. Ancor più evidente quando nessuno accetta di dire che il proprio percorso è compiuto. Uno degli esempi maggiori, come ha ricordato qualche giorno fa Fabrizio Cicchitto, fu proprio Salò. Non sto dicendo che Berlusconi è come Mussolini o che il Pdl è come il fascismo: lo utilizzo solo come paragone.

Uno scatto figlio di un tradimento passato?
In effetti c’è qualcosa di quel mondo che conduce a una logica del genere. Ma, senza voler ripetere per l’ennesima volta la citazione più abusata di Marx, ovvero della “tragedia che si ripropone come farsa”, credo che la logica di cui sopra ci sia. Esistono delle origini che, in un modo o nell’altro, sono state tradite da qualcuno, altro poi voler incarnare la figura del traditore o dei traditori. Serve però prendere atto di tale tradimento e riscoprire queste origini. E individuare lì una fiamma vivificatrice. Questo vale per due terzi di quei tre partiti citati.

Un’operazione che ha un futuro?
Da questo punto di vista, a vederlo con un occhio meno disincantato, sembra uno scenario agghiacciante. Perché è la spia che ci segnala lo stato del sistema politico italiano, visto poi ciò che accade dall’altra parte della barricata che a sua volta meriterebbe una riflessione a se stante.

L’ex ministro Matteoli da queste colonne ha detto il nodo non è la forma ma il contenuto: ma allora bisognerebbe fare tabula rasa di tutta la classe dirigente pidiellina?
I protagonisti del cosiddetto “primo cerchio” dirigenziale del Pdl che nel corso degli ultimi anni hanno governato, sono gli stessi che oggi si dividono. Purtroppo una delle caratteristiche dell’intera politica italiana recente, forse con la parziale eccezione di Renzi, è che non ha prodotto nuovi gruppi dirigenti di tal nome. Solo forze politiche abbastanza farlocche. È evidente che occorrerebbero forze giovani, che non gravitassero in perenne attesa di qualcuno che sparecchi il tavolo “passato” per prendersi le pietanze. Ma capaci di rivendicare una leadership, un’idea. Ormai si tratta di concetti abusati, ma non vedo all’orizzonte un progetto o una proposta.

Manca la materia prima, quindi?
Per citare il titolo di un famoso libro di Mazzantini, magari non presero il potere ma i balilla a Salò ci andarono. Qui di balilla o di giovani italiani figli della lupa ne vedo pochi.

Scommetterebbe su un nuovo fronte di centrodestra con due lady in capo, come Marina Berlusconi e Giorgia Meloni?
Magari non avverrà, come penso, ma per quello che riguarda Marina non sarebbe nell’ordine delle cose impensabili. Nel senso che mi sembra persino ovvio che un partito, in ultima analisi di tipo patriarcale, pensi alla successione. Modelli in verità ce ne sono già stati, penso alla famiglia di Kim Sung. In occidente meno, perché riguarda più il nepotismo asiatico. Invece la Meloni ha dalla sua, non solo l’età, ma il fatto di avere in qualche modo anticipato i termini della questione.

twitter@FDepalo

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