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Il meglio di Papa Francesco a Rio

Il meglio Francesco l’ha tenuto per la fine del suo viaggio a Rio de Janeiro. Gli ultimi due giorni sono stati quelli dei grandi discorsi del Papa latinoamericano. Determinato, chiaro, battagliero. Il Bergoglio che chiamava alla guerra de Dios a Buenos Aires contro le nozze omosessuali e che non aveva remore a intervenire quando più lo sentiva necessario. Dopo l’omelia soft ad Aparecida di mercoledì e le visite alla favela di Vargiha e all’ospedale S.Francesco, il Papa ha dato il meglio di sé – secondo gli osservatori – nel trittico di interventi pronunciato sabato e nel discorso al comitato di coordinamento del Celam (l’organismo che riunisce l’episcopato latinoamericano) tenuto ieri sera prima della partenza.

I laici non devono essere manipolati
Qui il Papa ha affrontato il rapporto tra vescovi e laici, ponendo la questione in forma di domanda, come tante volte ha fatto durante il viaggio in Brasile: “Nella pratica, rendiamo partecipi della missione i fedeli laici?” e ancora, “noi pastori abbiamo la consapevolezza e la convinzione della missione dei fedeli e diamo loro libertà perché vadano discernendo la missione che il Signore affida loro?”. Parla di “manipolazione”, Francesco, riferendosi implicitamente al tentativo di influenzare il laicato nelle scelte politiche. Un fenomeno che sulla Stampa di oggi il vaticanista Andrea Tornielli collega al “risorgente clericalismo” e al “diffuso atteggiamento delle gerarchie che, nonostante il Concilio, più che confidare nei fedeli laici tendono a controllarli”.

Sul tema della laicità aveva parlato il giorno prima, incontrando la classe dirigente brasiliana al Teatro municipale di Rio: “Favorevole alla pacifica convivenza tra religioni diverse è la laicità dello stato che, senza assumere come propria nessuna posizione confessionale, rispetta e valorizza la presenza della dimensione religiosa nella società, favorendone le sue espressioni più concrete”. Atteggiamento aperto, disponibile e senza pregiudizi, dice il Papa, parlando di “umiltà sociale”.

I preti facciano i pastori
Ma nel suo intervento davanti a vertici del Celam, Bergoglio ha detto anche altro, tornando sulla necessità di “riformare le strutte ecclesiali”. Un’operazione che però non deve essere il “frutto di uno studio sull’organizzazione degli organismi ecclesiali”, ma “conseguenza della dinamica della missione”. Ed è qui che il Papa parla del lavoro dei preti, che deve essere “più pastorale e meno amministrativo”. Chiari segnali anche per la riforma della curia che verrà, della quale anche nei giorni intensi di Rio ha parlato con i cardinali a lui più vicini. Martedì sera, nella residenza arcivescovile di Sumaré, ha incontrato Oscar Maradiaga, porporato honduregno e coordinatore del gruppo incaricato di studiare l’aggiornamento della governance vaticana e di aiutarlo a guidare la chiesa universale.

Le quattro tentazioni da cui fuggire
Passaggio importante è quello in cui il Papa mette in guardia sulle “tentazioni” che si minano l’essere discepoli missionari. Innanzitutto, “l’ideologizzazione del messaggio evangelico”. Francesco dice che questa è “una tentazione presente nella chiesa fin dall’inizio: cercare un’interpretazione evangelica estranea al messaggio stesso del Vangelo ed estranea alla chiesa”. Basti pensare al “riduzionismo socializzante”, ossia la pretesa interpretativa fondata sulle scienze sociali, dal liberalismo di mercato alla categorizzazione marxista”; all’”ideologizzazione psicologica” che riduce “l’incontro con Cristo a una dinamica di autoconoscenza”. E’ un atteggiamento “autoreferenziale” che non sa di “missionarietà”. Terza tentazione è la “proposta gnostica” che si verifica in quei gruppi elitari “con una proposta di spiritualità superiore, abbastanza disincarnata”. Sono i cosiddetti – parole del Papa – “cattolici illuminati”. Infine, la “proposta pelagiana” che appare “sotto forma di restaurazione di condotte e forme superate che, neppure culturalmente hanno capacità di essere significative”.

 

 

 

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