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La luce della fede di Papa Francesco illumina Lampedusa

Ieri, finalmente, è uscita la prima Enciclica di Papa Francesco. Il titolo Lumen fidei riassume bene dove batte il cuore di questo straordinario pontefice, facendo comprendere anche la continuità profonda con il suo predecessore. D’altronde, come dice espressamente la Lettera, il materiale inizialmente era stato preparato da Benedetto XVI per poi essere riscritto in seguito e con originalità da Bergoglio. Così, a conclusione di un anno della fede profondamente sentito e voluto da entrambi, esce questo grande manifesto unitario del Cristianesimo.

Fin dalle battute iniziali, che precedono la trattazione vera e propria del tema, la fede si offre come un atto inconfondibile che illumina la storia umana. La prima esperienza religiosa cristiana è stata, d’altronde, esattamente una liberazione dalla superstizione animista con cui le popolazioni antiche riponevano fiducia nelle forze del mondo naturale. In particolare, osserva Francesco, i pagani erano dediti a culti che si consegnavano alla luce del Sole per trovare una guida nelle trame della vita.

A poco a poco, il Cristianesimo ha introdotto nel mondo una luce diversa, la vera luce di Dio, che agendo nel profondo dell’essere umano e parlando alla sua interiorità è stata in grado di guidare ogni persona verso il bene supremo. In tal senso, il Papa nota come la stessa esperienza biblica confermi il nesso che esiste tra la fede personale in Dio e la luce divina della verità, la quale rischiara il passaggio dei secoli con l’azione provvidenziale della grazia.

Ovviamente, a rendere possibile la fede è la figura di Cristo risorto, vero Dio e vero uomo, ma anche la corrispondenza umana. In questa prospettiva, la modernità segna una frattura profonda col passato, a tratti perfino indelebile. L’Enciclica porta ad esempio il filosofo tedesco Friedrich Nietzsche che ha espresso più di ogni altro il nuovo orientamento nichilista contemporaneo. La luce della fede è giudicata da lui una limitazione radicale delle possibilità umane di conoscenza, vincolando l’agire al passato e impedendo così quel procedere in avanti che coincide con l’insopprimibile e illimitata aspirazione dell’individuo.

Oggi, non a caso, la maggiore diffidenza verso la fede sorge perché essa non è concepita come una luce che illumina, ma come un buio che oscura la libertà. E alla notte della fede è contrapposta la ricerca soggettiva, il sogno di avere un destino autonomo e totalmente luminoso. Tuttavia, la debolezza umana nel giungere a tale liberazione, e l’impossibilità di arrivarvi nel tempo storico a disposizione, produce alla fine disperazione e smarrimento.

La fede vera, all’inverso, è un rapporto interpersonale con Dio, concepito come un Padre che sacrifica la vita per la salvezza dei figli, illuminando tutto il cammino dell’umanità. Dio, infatti, è l’unica luce che non si oscura mai ed è l’unica fonte sicura d’ispirazione interiore che ogni uomo può augurarsi di avere. Ecco perché la fede assume proprio ora i tratti distintivi di una luce da riscoprire, di un disinganno che può aprire finalmente il cuore, spostando la libertà di ciascuno fuori dall’egoismo verso una più generosa dedizione al prossimo.

Nei capitoli centrali dell’Enciclica, Papa Francesco declina le tappe storiche più rilevanti della fede. In primo luogo la fedeltà del Popolo d’Israele, chiamato appunto dalla luce di Dio all’Alleanza, e poi la Rivelazione perfetta, che entra nella storia attraverso Gesù Cristo e la Chiesa.
La luce della fede, in definitiva, non è mai freno alla conoscenza, costituendo, al contrario, un insostituibile stimolo che anima interiormente ed esteriormente l’uomo alla ricerca della verità e alla pratica dell’amore.

La fede nasce dall’ascolto di una tradizione che muove ad amare, ordinando il dialogo con la ragione e potenziando il desiderio personale di unirsi a Dio. Questo complesso itinerario, oltre a spiegare il perché della Chiesa, vera luce comunitaria della fede, traduce il rapporto con Dio nella pratica del bene comune, nella vita di famiglia, nell’impegno sociale, fino alla consolazione nella sofferenza finale.
Un messaggio, dunque, chiarissimo. Unicamente quando riceviamo luce dal passato, siamo in grado di avere anche un luminoso futuro di speranza.

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