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Vi spiego il “no grazie” di Renzi a D’Alema

L’union sacrèe contro Renzi? Non c’è, perché sta nascendo (finalmente) il Pd, riflette il deputato renziano Angelo Rughetti.

Rughetti, in una conversazione con Formiche.net, chiarisce perché il clima nel Pd stia progressivamente mutando, proprio grazie al tipo di comunicazione che il sindaco di Firenze impronta alla chiarezza e alla trasparenza di idee e progetti. Come dimostra il “no, grazie” al metodo D’Alema.

Scongiurata definitivamente l‘union sacrèe contro Renzi?
Ero stato un po’ il primo a lanciare questo timore, ma mi sembra che la riunione di ieri abbia fugato ogni dubbio. Penso soprattutto al chiarimento di Franceschini, alla partecipazione ampia di tutti, non tanto puntata a individuare un candidato contro Matteo quanto a trovare una strada per avviare il congresso che non sia un corpo a corpo.

E’ cambiato il clima nel Pd?
Non vedo più la situazione di prima. Posso essere sincero? Avevo più paura quando tutto ciò si muoveva sotto la sabbia, piuttosto che adesso. Poi è chiaro che la posizione politica delle varie componenti dovrà cercare la via per ricomporsi in vista di un congresso: dove Renzi non sarà un nemico ma uno dei candidati.

Goffredo Bettini e Gianni Pittella contro il raduno antirenziano: la saggezza che mancava al partito?
La leggo, molto semplicemente, come la nascita vera del Partito democratico. É stato il primo momento nel quale si è deciso di non confrontarsi più su quello che si era, ma su ciò che vogliamo. Basta ex diesse, ex popolari, o correntone: siamo un partito nuovo, che non è un amalgama mal riuscito di un qualcosa che è vecchio, ma un contenitore con la presunzione di dire cose nuove.

Menichini su Europa lo definisce “un gioco già visto”: come mai il Pd fatica ed evolversi?
Innanzitutto questo sarà il primo congresso in cui a candidarsi non sarà un vecchio dirigente dei Ds, dei popolari o della Margherita. E’ un elemento troppo poco sottolineato da tutti i commentatori. Inoltre non mi sembra che il Pd abbia meno degli altri, in quanto i nostri competitors sono soggetti politici unipersonali. Nel senso che, tranne quello di Vendola, si riconoscono attorno a un leader. In questo, certo che siamo unici: ma è un’unicità positiva.

Sopita la voglia fra i renziani di trasmigrare altrove?
Inizia a montare quell’entusiasmo di poter pensare che questo partito, fra qualche mese, potrà vedere un candidato vicino a noi che ne potrà prendere le redini.

Lo scambio di battute con D’Alema è un ulteriore paletto piantato da Renzi nel campo democratico?
Matteo ha una leadership forte, questo mi sembra ormai assodato. Credo che D’Alema pensasse, sbagliando, che tessendo la sua solita tela potesse ingabbiare anche Renzi in un suo schema. Quello stesso che, ancora fino a qualche giorno fa, i suoi emissari continuavano a proporre a Renzi: ovvero “lascia perdere la segreteria, perché tu sei il nostro candidato premier”.

Un tranello?
Un’ipotesi alla quale sono sempre stato contrario, sia nella sostanza che nel metodo, perché penso che sia necessario riformare le istituzioni partendo dai partiti. Che rappresentano il primo luogo dove fare selezione di classe politica. Lavorare in quella direzione, significa poi lavorare bene per le istituzioni e per la società. Se riuscissimo a realizzare una seria selezione nei partiti, in seguito saremmo certamente più efficaci nell’individuare la classe dirigente da impiegare. Però il nodo è il metodo.

Ovvero?
Che Renzi arrivasse a fare il segretario del Pd o il candidato premier tramite un accordo verticistico con D’Alema, lo considero sbagliato per definizione. In quanto è l’esatto opposto di ciò che noi abbiamo sempre perseguito.

twitter@FDepalo

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