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La Turchia guarda ad Est: bye bye UE

La Turchia è membro della NATO dal 1952, ma dal 2012 è “dialogue partner” della Shanghai Cooperation Organization (SCO) e dall’inizio del 2013 la Turchia ha richiesto di diventarne osservatore (al pari di Iran, Pakistan e India). In questi giorni la Turchia ha concluso un accordo ($3bn) con la Cina per la fornitura di 12 sistemi missilistici autotrasportati FD-2000 (basati sugli Hong Qi degli anni ‘90 ma con notevoli migliorie, che sembra siano il frutto di un trasferimento di tecnologia israeliana, hanno raggiunto la qualità radar degli americani Patriot, pur restando inferiore ai russi S-300). La Turchia aveva richiesto alla NATO il dispiegamento di 20 sistemi Patriot, ma ad inizio 2013 solo 5-6 batterie sono state dislocate sul suo territorio.

Sebbene questo tipo di armamenti non siano determinanti nel teatro di guerra siriano, dal punto di vista geopolitico è chiaro il messaggio della Turchia. Come ha notato uno studio del Carnegie Europe la Turchia non ha gradito le indecisioni americane ed europee sulla Siria dopo essersi esposta in prima linea per il “regime change” e il sostegno all’esercito libero siriano. Per la Cina è invece importante mettere i propri sistemi in uno dei punti caldi del pianeta e cercare di trarre vantaggi almeno informativi.

La nuova strategia del premier Erdogan potrebbe segnalare che, non credendo più alle chimere di riconoscimento pieno come membro della NATO e dell’Unione europea, sta cercando di crearsi una sua indipendenza missilistica che possa sostenere una politica diplomatica autonoma e bilaterale con Siria e Iran.

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