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Vi spiego perché solo Letta può salvare i marò. Le missioni dei parlamentari servono a nulla

Il semestre italiano di presidenza europea può essere un momento utile, forse l’unico, per far sì che il caso dei marò detenuti in India possa essere portato in discussione nei consessi internazionali.
A crederlo è Domenico Cacopardo, ex magistrato e consigliere di Stato, oggi editorialista e scrittore, che in una conversazione con Formiche.net commenta la visita dei parlamentari italiani in India e l’evoluzione del nodo giuridico-diplomatico tra Roma e Nuova Delhi.

Cacopardo, come valuta la visita dei parlamentari italiani in India?
È iscrivibile al turismo, più che alla diplomazia. Per affrontare la situazione servono strumenti giuridici, da esercitare attraverso il ricorso a organizzazioni internazionali come Onu e alti tribunali.

Come giudica l’operato tenuto da questo governo e dal precedente?
Inesistente e quando c’è stato ho visto azioni sbagliate, come il risarcimento alle famiglie indiane, che è apparso come un’ammissione di colpa.

Perché ci si trova in questa situazione?
Ci sono due ragioni, una specifica e l’altra generale. La prima è che nel caso della Enrica Lexie i militari avrebbero dovuto rimanere in Italia. Invece c’è stata una divergenza di opinioni tra la Farnesina e il ministero della Difesa. Tra i quali il premier dell’epoca, Mario Monti, ha scelto la Difesa. Se non fossero andati in India, al massimo ci sarebbero stati attriti tra noi e Nuova Delhi, ma poi tutto sarebbe rientrato. Ora invece la situazione è fuori dal nostro controllo.
La seconda motivazione è invece che abbiamo molte navi in circolazione con marò a bordo. Ciò dipende anche dal fatto che i militari premono perché le missioni vogliono dire più soldi e avanzamenti di carriera. Ma si espongono anche ad alti rischi. Il governo dovrebbe impedirlo o regolamentare le regole d’ingaggio.

Chi può impegnarsi oggi concretamente per liberare i marò?
L’unico tentativo serio può arrivare dal presidente del Consiglio Enrico Letta durante il semestre europeo di presidenza italiana. Se il ministero della Difesa o degli Esteri avessero potuto fare qualcosa l’avrebbero già fatta. Dobbiamo sfruttare le presidenza per ottenere una voce unica dell’Europa, anche minacciando veti su altre questioni che apparentemente non c’entrano nulla, come fanno e hanno fatto altri Paesi.

Come si concluderà la vicenda dei nostri militari?
Sarebbe scorretto parlarne per rispetto alle famiglie. Però posso dire che non rischiano un’esecuzione capitale. È una vicenda complessa che si intreccia con problemi di politica interna indiana, più che per un’avversione contro l’Italia. Anche per il suo passato di colonia, Nuova Delhi è sensibile a questo tipo di avvenimenti e non può far finta di niente davanti alle pressioni dell’opinione pubblica.

Come ne esce l’immagine dell’Italia da questa vicenda?
A pezzi. Abbiamo dimostrato, purtroppo, tutta la nostra irrilevanza nei contesti internazionali, presi come siamo da discussioni interne. Questa sarebbe stata l’occasione per invertire la tendenza e riportare a casa i nostri marò.

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