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Vi spiego tutti gli effetti del referendum in Crimea che fa gioire Putin. Parla Arduino Paniccia

Un referendum legittimo o giuridicamente controverso? Una popolazione che ha scelto con un plebiscito da che parte stare per una convenienza economica o per timore di ritorsioni? Il caso ucraino intrecciato ai riverberi della decisione della Crimea di annettersi alla Federazione Russa, scomposto e spiegato dall’analista di strategia militare e geopolitica Arduino Paniccia, docente di relazioni internazionali alla facoltà di Scienze politiche dell’università di Trieste.

Mikail Gorbaciov si è detto a favore del referendum in quanto sana un errore del passato: è così?
E’ un’analisi della quale dovremmo tener conto. Una delle prime cose da fare in questo braccio di ferro che si è aperto tra la Federazione Russa e l’Occidente è comprendere l’atteggiamento mentale di Vladimir Putin, oltre che la sua strategia. I cittadini della Crimea che hanno votato in modo plebiscitario, non si sono espressi contro un ipotetico futuro di libertà e democrazia, ma per la propria sicurezza, per il timore di essere travolti da rappresaglie e da uno sconvolgimento politico ucraino. Infine per una vocazione storica, di cui Gorbaciov è una delle voci, che risale a due secoli fa quando la flotta russa ha iniziato a stazionare a Sebastopoli.

Quindi naturale compimento della storia?
Sì, questo è il ragionamento che porta avanti la popolazione di madrelingua russa nei territori al di fuori della Federazione. Gorbaciov ha espresso una parte di quelle valutazioni, in quanto quelle terre erano state regalate all’Ucraina dopo i crimini commessi da Stalin e dopo la sostanziale guerra civile andata in scena durante il secondo conflitto mondiale. Ma oltre a questi fattori, c’è dell’altro.

Ovvero?
La questione dell’intera flotta sud della Russia, la politica di espansione e di libertà di movimento di Mosca verso il Medio Oriente e l’Africa, oltre all’esigenza di tenere la posizione nel Mar Nero, un tempo dominio dell’Unione Sovietica e ora piccolo pezzo di terra in mano alla Federazione russa. Sono questi i fattori che hanno rafforzato la decisione dei vertici russi per muoversi in un senso duro e spregiudicato.

Il referendum è contestato dai Paesi occidentali.
Dal punto di vista giuridico dovremmo rileggere tutte le norme delle repubbliche autonome e valutare in modo approfondito. Ciò, peraltro, non riuscirebbe a darci conto della realtà dei fatti. Si tratta di una materia molto difficile da decifrare.

Non potrebbe essere stato un arbitrio?
Sì. Ma l’arbitrio, dal momento che il diritto è anche l’ambito nel quale una posizione trova la sua espressione giuridica, così come quando il 90% della popolazione fa una scelta, va tenuto in considerazione. Una situazione di cui si tiene conto persino negli ambiti giuridici più controversi. Qui di fatto un plebiscito ha fatto una scelta. Se si dovesse aprire un piccolo tavolo negoziale, cosa che auspico, si dovrebbe analizzare il tutto secondo le leggi della realpolitik e non secondo l’analisi di sofisticati sofismi giuridico-ideologici che porterebbero a punti morti. Ed è la scelta complessiva che dovremmo fare nei prossimi mesi sul versante dei rapporti tra Federazione Russa e Usa-Ue.

Quali gli effetti immediati della nazionalizzazione dei beni di Stato ucraini e del pagamento di stipendi e pensioni in rubli?
Vi saranno effetti che molti osservatori considerano di grande impatto per la Russia: se le cose si fermeranno qui come ci auguriamo, la questione potrà essere risolta in un “tavolino negoziale” all’interno del quale si tratterà in un quadro complessivo economico che tenga conto di tutti gli aspetti. E vi saranno dei passaggi dai quali, per un bel po’ di tempo, non si tornerà indietro come i passaporti, l’utilizzo della moneta. Serve partire dall’idea che alcuni punti restino fermi ed evitare che la situazione peggiori: questo il principio.

Potrebbero esserci effetti in altre aree limitrofe?
Sì, non vedrei solo effetti per la Russia. Coglierei l’occasione di un’azione così dura per andare a capire come si possono sanare situazioni della nuova Ucraina altrettanto gravi. Quindi userei quel tavolino non tanto per colpire ciò che ormai è quasi l’inevitabile, quanto per evitare che venga travolta da una crisi economica che potrebbe sfociare in qualche altro conflitto. Noi non fermeremo certamente la distribuzione dei passaporti. Non dimentichiamo che oggi l’esercito russo non è quello sgangherato e senza soldi che si è visto anni fa durante lo scontro in Georgia. É molto diverso. Ragion per cui cercherei di trattare per evitare di avere un Paese, l’Ucraina, zavorrato da debiti pregressi e con i rubinetti del gas chiusi. Sarebbe un altro peso a carico dell’Europa.

twitter@FDepalo

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