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Pilotare un F-35? Facile come usare un I-Pad. Parola di Billie Flynn

Oggi senior experimental test pilot di Lockheed Martin per i caccia F-35 e F-16, il canadese Billie Flynn – oltre 5.000 ore di volo su 80 tipi di aerei -, ha partecipato allo sviluppo di alcuni tra i caccia di maggior successo commerciale dell’ultimo decennio.

Durante i suoi 23 anni di permanenza in Aeronautica ha volato sull’F-18 Hornet e sull’F-16, partecipando anche a 25 missioni operative in Kossovo. Prima di diventare sperimentatore per Lockheed nel 2003, è stato test pilot per Eads (oggi Airbus Group) ed ha partecipato allo sviluppo dei programmi Eurofighter-Typhoon e Tornado. Nel 2012 è diventato il 39° pilota di F-35, decollando con un F-35B. Flynn conduce test in volo con tutte e tre le varianti del caccia: a decollo convenzionale (CTOL), corto (STOVL) e per portaerei (CV).

Quali sono le principali caratteristiche che un pilota riscontra sull’F-35?

Sono stato il pilota più giovane a volare sull’F-18, poi sono passato all’F-16 e quindi al Typhoon. Su quelle piattaforme le informazioni che mi arrivavano erano sofisticate e numerose ed ero io a dover decidere cosa farne. Inoltre erano troppe perché si potessero gestire al meglio tutte quante. Adesso grazie alla “sensor fusion” (l’integrazione totale dei sensori avionici e di comunicazione; una delle peculiarità dei caccia di quinta generazione, unitamente alla bassa osservabilità, ndr) è il velivolo che utilizza tutti i sensori in maniera ottimale, non è più il pilota che si deve preoccupare della scelta. Questo è avvenuto con l’F-22 e 10 anni dopo con l’F-35. E’ incredibile come tutte le informazioni che mi arrivano dai sistemi di bordo possano essere sintetizzate al meglio.

Ci fa un esempio pratico della sensor fusion?

Non devo più andare a vedere quello che mi arriva dal radar, o quello che proviene dai sistemi elettronici di difesa. Per noi piloti è un modo diverso di operare. E’ il velivolo che da le  informazioni riducendo il carico di lavoro e quindi il rischio.

Le tante informazioni che un velivolo di quinta generazione come l’F-35 è in grado di raccogliere e distribuire non rischiano di creare confusione nel pilota?

Nonostante il gran numero, le informazioni vengono fuse assieme, in modo tale da arrivare al pilota nel modo più semplice possibile. Anche sui caccia di quarta generazione arrivano tante informazioni, ma la loro rappresentazione al pilota non è così semplice, come sull’F-35.

Dove arrivano le informazioni?

Sulla visiera del casco. Il pilota deve preoccuparsi meno di quello che accade sul velivolo ed è libero di concentrarsi su tutte le informazioni che vede sul casco. Io amo il casco dell’F-35 e tutta la sua storia. Grazie ai sistemi di bordo riesco a vedere quello che non deve stare in un determinato posto. Vedo tutti gli obiettivi, a terra e sul mare. Posso dire che l’F-35 ha rivoluzionato il modo di volare, come l’I-Pad ha rivoluzionato il modo di lavorare. Il JSF è semplice proprio come un I-Pad, due schermi touch-screen. Null’altro. Un cambio di passo enorme rispetto alla generazione precedente, dotata di molti più comandi.

Dal punto di vista squisitamente tattico tutto questo come si traduce?

Anche la tattica di volo è cambiata completamente. Prima, non essendo invisibili, mentre si volava eravamo costretti anche a proteggerci. A ciò si aggiungeva la necessità di doverci scambiare informazioni in volo l’uno con l’altro. Ora con la sensor fusion siamo in grado di farlo anche senza vederci.

Altri vantaggi operativi?  

Prima dell’arrivo della quinta generazione per fare 5 missioni ad esempio dovevi utilizzare molti più velivoli rispetto a quello che riesci a fare ora con un unico velivolo stealth. La bassa osservabilità ha rivoluzionato il modo di fare tattica e ridimensionato il numero di aerei necessari ad una missione. Con la quinta generazione le tattiche operative sono totalmente diverse. Un caccia stealth e dotato di sensor fusion non richiede più le prestazioni della quarta generazione, come ad esempio la velocità.

Che differenza c’è tra l’atterrare su una portaerei con un F-35B e farlo invece con un caccia legacy?

Abbiamo investito 10 anni in ricerca per sviluppare la tecnologia adeguata ad atterrare con un F-35B su una portaerei, da sempre uno dei compiti più difficili per un pilota. Adesso è tutto controllato automaticamente. I sistemi di controllo del caccia e della potenza del motore fanno tutto, io posso anche alzare le mani. Con l’F-35 non è necessario avere esperienza pregressa in operazioni di questo tipo, né essere stati bravi piloti di Harrier. Il primo pilota, un Marine, che 2 anni e mezzo fa è atterrato su una portaerei Usa non era infatti un pilota di AV-8B, arrivava dall’F-18. Abbiamo semplificato una delle cose più difficili da fare.

I simulatori utilizzati per l’addestramento sono allo stesso standard del velivolo?

I simulatori sono di ottimo livello. Prima di volare su un F-35 non è più necessario avere un pilota che ti addestri. Io ho volato su tanti caccia, ma non ho mai volato prima d’ora su un aereo così facile fin da subito come l’F-35. Ovviamente è cambiata anche la tipologia di addestramento.

Concludiamo con il software dell’F-35, spesso oggetto di molte critiche. Che ne pensa?

Ho volato su tutti gli IPA (Instrumental Production Aircraft, caccia di produzione utilizzati nei test, ndr) dell’Eurofighter nella fase iniziale di produzione. La mia opinione è che, a parità di sviluppo, il software del JSF è molto più maturo. Sto volando con l’F-35 con la fiducia che il software ha un livello di stabilità più avanzato rispetto ad ogni altro caccia precedente da me utilizzato. Il software dell’F-35 fa molte più cose e bene rispetto ad ogni altro caccia su cui abbia volato. Soprattuto l’F-35A (convenzionale, ndr). E questo nonostante abbia milioni di linee di codice in più rispetto ai velivoli precedenti, linee che costituiscono il segreto della sensor fusion di cui parlavo.

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