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La Nato compie 65 anni. Sfide ed evoluzione dell’Alleanza Atlantica

Con il ritiro dall’Afghanistan a fine 2014 e l’improbabilità di nuovi interventi “di pace”, si pensava che la NATO avesse perso ogni rilevanza, che fosse un’impresa che avesse perduto il mercato e la domanda dei suoi prodotti. L’Alleanza aveva dimostrato notevole flessibilità, adattandosi alle circostanze ed estendendo i suoi compiti: cambiando cioè mercato e prodotto. Non si vedeva a che cosa potesse servire. Quest’anno compie i 65 anni, età a cui molti pensano debba andare in pensione. Grazie a Putin e all’annessione della Crimea alla Russia, potrebbe conoscere una nuova giovinezza.

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LE ORIGINI DELL’ALLEANZA
Il Trattato di Washington del 4 aprile 1949 limitava l’intervento diretto dell’Alleanza (articolo 5) ai territori degli Stati membri e all’Atlantico del Nord. Prevedeva però consultazioni e collaborazioni anche all’esterno di tale perimetro (articolo 4). Come aveva argutamente detto il primo segretario generale della NATO, il britannico Hastings Ismay, lo scopo dell’Alleanza era di tenere “Russia out, US in, Germany down”. Nel corso della guerra fredda, era basata sulla dissuasione di qualsiasi aggressione del Patto di Varsavia, realizzata con il coupling fra le difese avanzate sulla cortina di ferro e il deterrente nucleare strategico USA. La credibilità di tale collegamento era garantita dallo schieramento in Europa di una consistente aliquota di forze aero-terrestri americane (giunte a 340.000 uomini) – che erano anche “ostaggi” a garanzia dell’impegno di Washington – e di un incredibile numero di armi nucleari tattiche (giunte a 7.000), chiamate poi di teatro e successivamente sub-strategiche. La logica di tale strategia era chiara. “Una guerra nucleare deliberata è impossibile. Causerebbe distruzioni incompatibili con qualsiasi obiettivo politico. Un’aggressione convenzionale limitata è invece possibile. La NATO deve collegare la guerra possibile con quella impossibile, per rendere tale anche la prima, pur rischiando la distruzione di quanto difendeva”. La credibilità del coupling, spesso messa in dubbio in Europa, non lo fu mai al Cremlino.

FINE DI UN’EPOCA
Con il collasso del Patto di Varsavia e la scomparsa dell’URSS la “Prima NATO” perse una parte della sua “ragione sociale”: quella della Russia out. L’Europa – inesistente politicamente e strategicamente – necessitava ancora della leadership e della presenza USA. Rapidamente anche il “Germany down” divenne obsoleto. Nessuno temeva più che con l’unificazione tedesca “i vecchi demoni sarebbero resuscitati e avrebbero ripreso a danzare sulle loro tombe”. Rimaneva solo “US in” necessario per la disunione dell’Europa e la sua incapacità di fermare da sola la sanguinosa guerra civile in Jugoslavia.

L’ALLARGAMENTO AD EST
La “Seconda NATO” si diede un altro compito: quello di allargarsi a Est fino ai confini occidentali della fascia cuscinetto – Bielorussia, Moldavia e Ucraina – considerata da Mosca vitale per la propria sicurezza e, nel contempo, di cercare una partnership per un sistema paneuropeo di sicurezza, con gli Stati europei non- membri dell’Alleanza e con le altre repubbliche ex-sovietiche. La Russia, debole e nel caos più completo, accettò tali allargamenti. Essi cessarono nel 2006, quando – nel Summit NATO di Bucarest – i Paesi europei si opposero alla proposta del presidente Bush jr. di estendere l’Alleanza all’Ucraina e alla Georgia. Nel frattempo, i membri europei dell’Alleanza persero la testa per i cosiddetti “dividendi della pace”. Ridussero notevolmente i loro bilanci militari. Solo un paio di essi ha rispettato l’impegno di dedicare alla difesa almeno il 2% del PIL. Gran parte delle forze USA fu ritirato dall’Europa. Oggi si aggirano sui 60.000 uomini, schierati a Ovest, dato che gli USA avevano promesso alla Russia di evitare una presenza militare massiccia nei Paesi ex-satelliti. Nella sua spensieratezza strategica e con l’attenzione concentrata sull’Afghanistan, l’Europa non ha tenuto conto del consistente riarmo russo, voluto da Putin, e della politica sempre più aggressiva di Mosca nei confronti delle sue periferie.

LA “QUARTA” NATO
Con l’annessione della Crimea, Putin è stato il fondatore della “Quarta NATO”, che era riuscito ad evitare dopo la “guerra dei cinque giorni” in Georgia nell’agosto 2008. La difesa collettiva è tornata di attualità nell’Alleanza. Gli Stati Baltici, quelli dell’Istmo ponto-baltico e anche quelli scandinavi si sentono minacciati. Beninteso, non si conoscono le intenzioni di Putin. La “sparpagliata” reazione occidentale e la chiara volontà degli USA di non assumersi l’intero onere della difesa europea potrebbero indurlo a nuove iniziative. Le giustificherebbe ancora dalla volontà di proteggere le popolazioni russe abitanti al di fuori della Federazione.

I PUNTI CHIAVE
Come si adatterà l’Alleanza non è prevedibile. Per dissuadere nuove “sorprese”, non basta la minaccia di sanzioni economiche. Le difficoltà che dovrà affrontare il nuovo Segretario Generale della NATO, il norvegese Jens Stoltenberg, sono molte. Molto verosimilmente, saranno aumentate le esercitazioni con gli Stati più esposti, ruotando in essi la presenza di truppe NATO; verranno concessi aiuti militari all’Ucraina, alla Moldavia e alla Georgia; verrà ribadita la centralità della difesa collettiva dell’Alleanza; forse Svezia e Finlandia entreranno a far parte della NATO; verrà accelerato lo schieramento di difese anti-missilistiche; e così via. Il punto chiave resta però quello dell’entità dei bilanci europei della difesa. Senza un loro aumento, sarà improbabile che gli USA decidano un maggior impegno in Europa. Senza entrambi è improbabile che, malgrado l’aiuto di Putin, l’Alleanza possa essere rivitalizzata, la Russia dissuasa da nuove iniziative e i paesi più esposti tranquillizzati.

UN NUOVO CONCETTO STRATEGICO
Nel suo recente viaggio in Europa, Obama l’ha detto chiaramente. Berlino ha capito il messaggio. Malgrado i suoi rapporti privilegiati con Mosca, ha deciso di inviare aerei in Polonia e forse anche in Romania. E l’Italia? Finora l’opinione pubblica non sembra consapevole di che cosa significhi la Crimea né della necessità di contribuire alla “Quarta NATO”. Ha sottoscritto il “nuovo concetto strategico”, nel quale si riafferma la centralità dell’articolo 5. Se non si allineasse con quanto fatto dalla Germania, rimarrebbe isolata. Comprometterebbe la sua già ridotta credibilità. Rischierebbe brutte figure nella prossima sua presidenza dell’UE. I “nodi” verranno al pettine prima di quanto si pensi, comunque nel Summit NATO del prossimo settembre. A parer mio, l’Italia seguire l’esempio tedesco, schierando almeno qualche aereo in Europa centrorientale. Sarebbe una mossa che verrebbe apprezzata da tutti i nostri alleati, sia in Europa che di Oltre-Atlantico. Dovrebbe poi accelerare la ristrutturazione prevista per le Forze Armate, proponendo all’UE che i necessari aumenti, che comunque dovrebbe apportare al bilancio della difesa, siano finanziati con eurobonds o al di fuori del 3% di Maastricht.

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