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Expo e Scajola, un paio di riflessioni controcorrente

Pubblichiamo la prima parte dell’intervento di Raffaella Della Bianca, consigliera regionale della Liguria (Gruppo misto), che Formiche.net ha ricevuto e che volentieri ospita.

I nuovi episodi di corruzione e illegalità emersi in questi ultimi tempi non possono non amareggiare chiunque e in particolare chi si è assunto la fatica di un impegno istituzionale.
Non credo di sminuire la gravità dell’accaduto, se rilevo qualche esagerazione nella sua presentazione da parte della stampa e in qualche misura anche della magistratura stessa.

LO SCANDALISMO DEL CASO SCAJOLA

Per quanto riguarda Scajola, col quale in più di un’occasione ho avuto confronti anche vivaci, trovo che sia le clamorose forme del suo arresto, sia il linguaggio con cui gli imputano reati concreti (anche se l’eventuale aiuto a un latitante è sicuramente penalmente rilevante) nel caso Matacena, sia il teorema del concorso esterno in concorso esterno ad associazione mafiosa almeno stando agli indizi sinora presentati, appaiono visibilmente gonfiati e non solo dalla stampa. Nessuno è al di sopra della legge ma più questa è gestita in modo sobrio, meno corrivo con lo scandalismo mediatico e più è giusta.

E in questo senso, tra l’altro, scatenare bufere giudiziarie, che a un osservatore esterno appaiono obiettivamente e singolarmente coordinate, a quindici giorni (e poi a “tre” come in Campania) da un voto che mobilita tutti i cittadini italiani mi pare scelta assai poco apprezzabile.

LE INCHIESTE SU EXPO, SOGIN E SANITA’ MILANESE

Per ciò che riguarda l’altro caso rilevante in ballo (le interferenze su appalti nell’Expo, della sanità milanese o della Sogin) leggo sui giornali che filmati su attività corruttive sarebbero stati realizzati sin dal maggio 2013. L’idea dunque che si sia aspettato tanto a procedere da parte dell’accusa, mettendo in difficoltà l’Expo e condizionando in parte le elezioni, mi inquieta. Questo secondo caso, peraltro, è quello che anche per la mia attività da consigliere regionale mi induce a più articolate riflessioni.

LA NUOVA DIMENSIONE DELL’ILLEGALITA’

La prima è che mentre è giusto essere disperati perché certe attività illegali continuano a venti anni dalla stagione cosiddetta di Tangentopoli, dall’altra, senza giustificare alcunché, è utile comprendere la nuova dimensione delle illegalità emerse. Prima del 1992 si era di fronte a un sistema: in uno Stato che anche per le sue logiche costituzionali era uno Stato dei partiti vi era un accordo sostanzialmente esplicito tra forze politiche e imprese a versare una parte dei ricavi per appalti e più in generale attività pubbliche al “finanziamento illecito della politiche”. Man mano che la guerra fredda si esauriva modificando così le condizioni di funzionamento della nostra repubblica, il fenomeno del finanziamento illecito invece di ridimensionarsi, per vari motivi che non sto ad analizzare, si espandeva e tra l’altro diventava fonte anche di più diffusi arricchimenti personali che non c’entravano niente con la politica.

UN’ATTIVITA’ DI SPIONAGGIO

Oggi le illegalità che si sono manifestate (da quel che leggiamo) non riguardano “partiti padroni” della spesa pubblica che d’intesa con le imprese gestiscono un sistema con ritorni di finanziamenti illeciti. Sembra di capire che ci si trovi innanzi tutto di fronte a un paio di imprese in particolare (Manutencoop e Maltauro) non inserite nei sistemi prevalenti (che anche quando legittimi sono comunque ugualmente fondati su relazioni abbastanza strette sul territorio) e che dunque hanno tentato di infilarsi in contesti più o meno sfavorevoli per loro. L’attività che ci viene descritta – assieme al lavorìo per trovare manager infedeli e qualche referente nelle istituzioni – è essenzialmente di spionaggio per acquisire informazioni anticipate sui bandi di concorso e per poter così “sgusciare” dentro questi. Insomma non si tratta di quel “sicuro” dominio delle procedure appaltatorie che esisteva prima del ’92. Il vecchio sistema innanzi tutto grazie all’esaurirsi del contesto internazionale che lo garantiva, al più o meno connesso svanire del consenso popolare che lo sorreggeva e grazie all’intervento della magistratura, si è di fatto esaurito ed è stato spesso sostituito da diffuse tendenze all’arricchimento personale – in parte anche per fare politica ma come motivazione subordinata- determinate anche dalle folta presenza di macerie di nomenklature che la Prima repubblica si è lasciata dietro e da sistemi di influenza ancora in piedi spesso perniciosi ma non sempre illegittimi.

PASSARE DA STATO DEI PARTITI A STATO DEI CITTADINI

E tutto ciò, a mio avviso, avviene non tanto perché i poteri della magistratura sono troppo deboli (i pm possono ascoltare chi vogliono come è evidente, controllano tutte le forze di polizia magari litigando tra di loro ma le controllano, possono contare su giudici uniti a loro da legami incestuosi garantiti da un’unità delle carriere che non esiste nelle altre maggiori democrazie del mondo, hanno al loro evidente servizio redattori in quasi tutti i media più rilevanti) bensì, al contrario, perché l’idea di risolvere complessi problemi istituzionali e politici essenzialmente per via penale, ha aggrovigliato la situazione invece di risolverla.
In un senso molto generale si può dire che non si è affrontata la questione delle questioni cioè di come passare da uno Stato dei partiti a uno nuovo dei cittadini.

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