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Berlusconi, Quagliariello e quelle frasi fatte inutili per il centrodestra del futuro

La discussione intorno all’identità, all’unità e al futuro del centrodestra, avviata qui su Formiche.net, ha finito, implicitamente o meno, per coinvolgere anche i protagonisti della politica.

L’INTERVISTA DI BERLUSCONI

A motivare il dibattito ci ha pensato Silvio Berlusconi. Intervenendo con un’intervista in occasione dei quarant’anni de Il Giornale, l’ex cav. ha auspicato una “riunificazione dei moderati”. Anzi, ha precisato che il suo impegno in politica non cesserà fin quando “l’Italia non sarà quel grande Paese liberale che tutti abbiamo sognato”. In fondo, questo era il proposito espresso fin dalla rifondazione di Forza Italia, avvenuta l’anno scorso, proprio al fine di recuperare uno spirito originario evidentemente ossidato dal tempo e dalle pratiche di governo. Implicitamente Berlusconi auspica una collaborazione per le riforme che renda più governabile la nostra democrazia, in primis il cambiamento in senso presidenziale della nostra Repubblica.

Ovviamente, altro dato non trascurabile, resta aperta la questione sulle modalità di rinserimento in un cantiere unico del centrodestra dei fuoriusciti governativi del NCD e, ovviamente, il rapporto con i partiti che ruotano nell’area esterna a quella popolare, Lega e Fratelli d’Italia, probabilmente e in modo diverso più possibilisti di quanto non si creda a federarsi in una coalizione.

LE PAROLE DI QUAGLIARIELLO

Alle parole di Berlusconi, comunque, hanno fatto eco immediatamente quelle di Gaetano Quagliariello. Il coordinatore del NCD non è parso convinto dall’invito. Sul Corriere della Sera ha precisato che si tratta di “una proposta orientata al mondo di ieri, mentre è a quello di domani che si dovrebbe guardare”.
La tesi politicamente più rilevante è però quella che emerge dalla valutazione che lo storico propone del bipolarismo. Al binomio Berlusconi – Antiberlusconi del passato, a quello scongiurato dalle elezioni tra Renzi e Grillo, si dovrebbe prospettare un “bipolarismo di tipo europeo”.

BIPOLARISMO EUROPEO

Un ragionamento, quest’ultimo, ampiamente condivisibile. Il problema, tuttavia, di là delle enunciazioni di principio, è che la logica europea si basa su una collaborazione tra socialisti e popolari, e una forte opposizione dei movimenti anti europeisti e anti sistema. Una bipartizione molto valida dal punto di vista della governance ma improponibile come prospettiva aggregativa per i futuri appuntamenti elettorali italiani del centrodestra.

La mia convinzione principale, emersa anche nel confronto dei giorni scorsi specialmente con Ventura, Festa e Cubeddu, è che il bipolarismo nuovo, quello del futuro, non può essere prospettato esclusivamente su una base individualistica e libertaria, ma conservatrice: deve certamente muoversi cioè sul binario europeo di collaborazione tra socialisti e popolari, ma non può fare a meno di far sue le specificità messe nel dibattito dalla Lega e da Fratelli d’Italia, per altro forze politiche molto meno estremiste dei loro cugini continentali. Il ragionamento è semplice. Da un lato, l’antagonista da battere è Renzi e il PD. Dall’altro, la copertura territoriale del centrodestra è possibile, soprattutto con la nuova legge elettorale, soltanto se tutti insieme i partiti del fronte anti-sinistra stanno in accordo e si battono per consociare e motivare i propri elettori.

L’ASSETTO DEL FUTURO CENTRODESTRA

Anche per questo è quanto mai fondamentale non sposare valori politici che siano patrimonio comune della sinistra socialista e libertaria. Ad esempio l’idea progressiva di una riforma collettiva dell’Italia e dell’Europa che debba avvenire in continuità con il passato e in vista di uno smembramento dei soggetti comunitari, alterando le basi antropologiche che costituiscono l’essenza democratica e costituzionale dei Paesi membri. Per quanto riguarda l’Italia, non si tratta, a ben vedere, di sganciarsi dall’Unione e tanto meno di prendere derive populiste. Tutt’altro. Si tratta semmai di riconoscere che la strada intrapresa fin ora ha prodotto, dal punto di vista internazionale, un centralismo asfissiante degli organismi finanziari e, dal punto di vista nazionale, un’assurda cessione di sovranità dello Stato verso l’alto, insensata e dannosa per i cittadini.

L’assetto futuro del centrodestra italiano deve farsi interprete, nella democrazia e nella moderazione, in costante dialogo con Renzi e la sinistra, di un obiettivo ambizioso, vale a dire far valere e far riconoscere la specificità dell’identità politica, culturale ed economica dell’Italia nel mondo. Ciò significa avvalersi non tanto delle capacità riformatrici della classe politica, ma della forza rigeneratrice della nostra realtà nazionale, fatta di genialità imprenditoriale, di risorse artistiche, di turismo, munendoci di un piano industriale pubblico e privato confacente ai nostri interessi.

MARE NOSTRUM

Un caso vale per tutti. Che cosa vogliamo fare della questione immigrazione e mare nostrum? I nostri interessi sono la nostra priorità. E la nostra realtà comunitaria è già Europa. Ciò significa che è legittimo togliere un eccesso di libertà e di potere alla Germania e ai burocrati della Commissione Europea, facendo subito e con risolutezza una rinegoziazione delle priorità del PPE, senza farsi intimorire da chissà quali conseguenze.
Il centrodestra italiano ha bisogno di forza ideale e di unità, non ha bisogno soltanto di Berlusconi e tanto meno unicamente di ripetere frasi fatte euro moderate, perché è l’Italia che ha bisogno oggi di un centrodestra forte e compatto. Un patto moderato può reggersi esclusivamente sulla convinzione conservatrice che noi italiani siamo ciò che siamo, con i nostri pregi e difetti, e dobbiamo valere per quello che siamo e vogliamo essere, senza accettare condizionamenti e giudizi surrettizi e umilianti da parte di altri Paesi. Mi si dica, infine: ma il resto oggi conta veramente per qualcuno?

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