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Ecco la verità nascosta nei numeri Ocse sull’Italia

Stavolta, per il Governo la doccia è stata davvero ghiacciata: l’Italia è alla guida del semestre europeo ma, quanto a crescita economica, ha ancora la maglia nera dell’ultimo in classifica. Tra i tutti Paesi Ocse, infatti, nel 2014 sarà l’unico ancora in recessione, per il terzo anno di fila. Secondo i dati diffusi ieri, la nostra economia si contrarrà di un altro 0,4%, dopo aver registrato il -2,4% nel 2012 ed il -0,9% lo scorso anno. Nel 2015 dovrebbe andare appena un po’ meglio: +0,1%.

I NUMERI DA RIVEDERE DEL GOVERNO

Saltano tutte le cifre indicate nel Def del 15 aprile scorso, il primo documento di finanza pubblica del Premier Matteo Renzi e del Ministro dell’economia Pier Carlo Padoan, che segnavano +0,8% per il Pil di quest’anno, +1,3% nel 2015 ed addirittura un +1,7% in media nel triennio L’economia italiana è ancora in piena recessione e nessun beneficio sembra essere derivato dalle due misure promozionali, gli 80 euro di credito di imposta concessi da maggio a 10 milioni di lavoratori e la rimozione dei disincentivi all’occupazione a tempo determinato, ciascuna delle quali era stata accreditata di un contributo netto pari al +0,2% del pil.

I CONFRONTI CON GLI ALTRI PAESI

Facendo un velocissimo confronto, l’andamento del pil nel complesso dell’Eurozona appare piuttosto modesto, considerando i dati di Germania (+1,5%) e Francia (+0,4%), rispetto a quelli di Gran Bretagna (+3,1%) e Stati Uniti (+2,1%). Naturalmente, sono state le politiche non convenzionali delle Banche centrali a fare la differenza: gli asset iscritti nel bilancio della Fed, misurati in percentuale del pil statunitense, sono continuamente cresciuti, passando dal 5,6% di metà 2008 al 24,8% di metà 2014, mentre la Bce ha addirittura contratto le sue posizioni passando dal 32% di fine 2012 al 22% di metà 2014: non sono i tassi di sconto vicini allo zero a mettere in moto l’economia reale, ma le iniezioni di liquidità diretta attraverso il bilancio pubblico. Il canale bancario, lo dimostra la esperienza quotidiana, continua ad essere occluso. Inutile, infine, parlare della dinamica monetaria giapponese, con gli attivi della Bank of Japan che sono raddoppiati, passando dal 30% al 60% del pil dopo la crisi.

I RESPONSABILI DELLA ULTERIORE FRENATA

La frenata dell’economia italiana è tutta attribuibile alla severità delle manovre sul bilancio pubblico, che infatti presenta performance assolutamente invidiabili. Il nostro saldo primario, quello calcolato al netto degli interessi, è sempre stato attivo dal 2012 ad oggi. Quest’anno si assesterà al +2,3% del Pil e l’anno prossimo dovrebbe crescere ancora, per arrivare al +3,3%, una percentuale più che doppia rispetto alla Germania, che si fermerà solo al +1,4%. Niente a che vedere con il -1,6% che la Francia registrerà ancora quest’anno, il -2,8% della Spagna, il -3,5% della Gran Bretagna ed il -3,2% degli Usa. Se poi facessimo il confronto con il saldo strutturale del bilancio pubblico nel 2014, calcolato in percentuale sul Pil potenziale, i dati dei nostri competitor sono addirittura agghiaccianti: -4,9% negli Usa, -3,8% in Gran Bretagna, -4,4% in Spagna, -1,9% in Francia, rispetto al -0,8% dell’Italia ed al +0,2% della Germania.

IL RUOLO DELLE BANCHE CENTRALI

Crescono tutti, i nostri competitor, ma a forza di deficit pubblici. Quelli al di fuori dell’Eurozona approfittano di grandi iniezioni di liquidità da parte delle rispettive Banche centrali, e la differenza si vede tutta nei casi di Spagna e Francia rispetto al Regno Unito. Fa eccezione la Germania, che beneficia però di un euro gravido delle debolezze dei paesi mediterranei: senza export sarebbe nei guai.

IL DESTINO DELL’ITALIA

L’Italia è condannata a soffrire, chissà per quanto ancora: con un debito pubblico enorme, non può svalutare, né beneficiare di una politica monetarie davvero accomodante. Già con il Trattato di Maastricht, vivere con l’Euro era un purgatorio. Adesso, con il Fiscal Compact, è un vero inferno.



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