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Tutti i salutari effetti della mossa di Marchionne al Sud

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Chi presenta il Mezzogiorno alle soglie della desertificazione industriale probabilmente avrà motivo di ricredersi alla luce del segnale che la Fiat Chrysler Automobiles ha dato non solo per il suo stabilimento di Melfi in Basilicata, ma anche per l’intera industria del Sud e del Paese: nell’annunciare infatti la fine della cassa integrazione straordinaria e il ritorno al lavoro dei 5.418 addetti dell’impianto – ove, completato sulle linee di assemblaggio un investimento di 1 miliardo di euro, si stanno iniziando a produrre la Jeep Renegade e la 500X, destinate ad oltre 100 mercati nel mondo – l’azienda ha anche comunicato che nei prossimi tre mesi saranno impiegati oltre 1.000 nuovi addetti da inserirsi con contratto interinale e ai quali, consolidatosi il mercato, potrà poi essere proposto il contratto a tutele crescenti attualmente in approvazione.

A queste nuove unità – 300 delle quali già inserite nei giorni scorsi – se ne aggiungeranno 350 provenienti dagli stabilimenti di Cassino e Pomigliano d’Arco, fabbrica interessata anch’essa da 700 milioni di investimenti che hanno consentito la produzione della Nuova Panda. Gli impianti di Melfi e di Pomigliano – fra le più grandi fabbriche del Paese insediate nell’Italia meridionale – hanno visto introdotte le innovative soluzioni tecnologiche organizzate secondo i principi della World Class Manufacturing finalizzate a migliorare la produttività e a ridurre la fatica fisica degli operai addetti alle linee.

Ma saranno anche le aziende dell’indotto di primo livello – localizzate ‘wall to wall’ accanto cioè al grande sito di San Nicola di Melfi – a trarre benefici dall’avvio su grande scala della costruzione dei due nuovi modelli, destinati in gran parte all’esportazione e a far crescere in tal modo le vendite all’estero dell’intera regione. Effetti indotti che stanno coinvolgendo, fra le altre, anche numerose industrie localizzate nella vicina Puglia. Fra le prime la Tdit-Bosch di Bari – la seconda fabbrica della regione dopo l’Ilva con i suoi 2.200 occupati e dove si produce la pompa common rail per motori diesel – che si accinge a fornire tale componente ai propulsori da montarsi sulle nuove vetture. Ma anche la Lasim di Lecce, industria specializzata con 208 occupati nello stampaggio e assemblaggio di acciaio per il settore auto, è stata selezionata per fornire telai e scocche per Melfi.

La stessa Ilva di Taranto – non appena ne sarà riavviata a regime la produzione grazie al decreto legge in via di conversione – potrà essere chiamata a fornire coils per i due nuovi modelli, come era già accaduto in passato con la Punto. Naturalmente la FCA ha bisogno – al pari di tutti i clienti del Siderurgico ionico – di garanzia per le sue forniture nei tempi previsti dai piani di produzione dell’impianto lucano: altrimenti si rischia di perdere un’opportunità di rilancio di grandi dimensioni per l’acciaieria tarantina. L’Ilva peraltro ha fornito in passato coils per le carrozzerie montate a Pomigliano e per quelle degli autoveicoli commerciali leggeri Ducato, costruiti dalla Sevel (joint venture fra Fiat e Peugeot) in Val di Sangro in Abruzzo, il cui stabilimento per numero di addetti (6.106) è tuttora la seconda fabbrica del Sud, pur essendo destinata ad essere superata proprio dalla Sata di Melfi che, raggiungendo i 7.000 occupati, diverrà anche la più grande in Italia del Gruppo.

La FCA dunque – attuando quanto aveva annunciato col rinnovamento tecnologico del grande sito di Melfi, dopo quello altrettanto significativo dello stabilimento partenopeo – valorizza la sua fabbrica in Basilicata, ne difende gli addetti attualmente impiegati o in cigs, li aumenterà di oltre mille unità ricorrendo anche ad un’interessante mobilità fra diversi impianti nel Centro-Sud e si accinge ad utilizzare uno strumento come il contratto a tutele crescenti che il Governo sta per varare definitivamente nelle prossime settimane.

Inoltre, nel contesto di un’espansione ‘aggressiva’ di produzioni ed esportazioni, il top management della holding ormai multinazionale contribuisce a rafforzare anche buona parte delle filiere dell’automotive ubicate in Puglia e in Campania che vantano ormai imprese big player da lungo tempo o divenute tali, come ad esempio il Gruppo Adler di Paolo Scudieri, secondo nel mondo per la produzione di sistemi per il confort acustico e termico dei veicoli, con 1,1 miliardo di euro di fatturato annuo ed oltre 9.800 occupati in 58 stabilimenti e 7 siti di ricerca in diversi Paesi.

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