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Perché le pensioni sono all’ultima spiaggia

Le pensioni sono arrivate all’ultima spiaggia. Non il film apocalittico del 1959 diretto da Stanley Kramer e interpretato da Gregory Peck, Ava Gardner, Fred Astaire e Anthony Perkins sulla fine del mondo causata da una maxi- esplosione nucleare. Ma ‘l’ultima spiaggia’, noto stabilimento balneare nei pressi di Capalbio dove si danno appuntamento the best, the brightest and the beautiful (in trasteverino i fichissimi) della politica. La sentenza della Corte Costituzionale è stata il tema centrale delle conversazioni del lungo week end del primo maggio e promette di esserlo anche di quello (più breve) del 9-10 maggio.

Vengono fatte le proposte più fantasiose su come coprire la falla nei conti pubblici che verrebbe aperta se si ottemperasse sic et simpliciter alle sentenza delle Corte. Si va da un decreto legge per rateizzare la restituzione dovuta alle fasce più basse di pensione a un ‘esproprio proletario’ alla Pol Pot per tutti gli assegni che superano 5000 euro lordi al mese (quale che siano stati i contributi versati, dato che è impossibile fare i ricalcoli di cui parla il Presidente dell’INPS). C’è anche chi ha lanciato, visto che si è all’ ‘ultima spiaggia’, di fare come Giulio Cesare il quale diede alle sue milizie pensioni in natura, la colonia di Cosa, l’attuale Ansedonia, prospiciente lo stabilimento balneare: buoni-pasto, biglietti per l’Expo, per i toscani ingressi al Teatro dell’Opera di Firenze di solito mezzo vuoto, e via discettando.

Siamo proprio all’ultima spiaggia di pensioni e pensionati! All’’ultima spiaggia’ balneare, frequentata da componenti della Consulta, vengono tratteggiati quadri apocalittici se in giugno la Corte Costituzionale ribadirà, a proposito del ‘contributo di solidarietà’ l’orientamento già espresso due volte che non si possono porre imposte in maschera su alcune categorie di cittadini e non altri. Altrimenti sin tornerebbe all’imposta sul celibato, a balzelli specifici sui biondi o sui bruni o sulle donne o sui gay. Strumenti che le democrazie di solito ignorano, ove non vogliano trasformarsi in dittature.

Per rimborsare i pensionati ingiustamente colpiti dal blocco della perequazione ci vorrebbero una decina di miliardi. Un altro paio per quelli colpiti dal contributo forzoso di solidarietà (pelosa). Basterebbe che la spending review affidata a Yoram Gutgeld e a Roberto Perotti generasse almeno 16 miliardi solo se si applicassero i costi standard. Molto di più se, come richiesto dalla normativa in vigore, si facesse un po’ di buona analisi costi benefici. O anche loro (Gutgeld e Perotti) sono all’ultima spiaggia? Chiedete direttamente a loro quale.

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