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Pensioni, tutte le novità della Legge di stabilità

Saremo – e lo siamo – dei maledetti pignoli. Ma non possiamo non rilevare che i commenti ufficiali degli esperti legislativi dei vari giornali e siti on line, relativi alla Legge di stabilità, non si sono focalizzati con attenzione sui c. 286-302 della stessa e, soprattutto, sugli effetti legati ai suddetti commi. Un breve riassunto delle puntate precedenti.

La rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici è prevista dall’art.34 (c.1) della legge 448/1998. Poiché siamo in Italia e non in Svezia, le regole sulla rivalutazione sono state variamente modificate dalle leggi successive, soprattutto in sede di finanziaria annuale, ora Legge di stabilità. Da ciò, una marea di modifiche normative (spesso incoerenti o confuse) e di ricorsi dei pensionati alla Consulta, per tutelare i diritti lesi. Su tutti, i ricorsi di Cida, Confedir e dei “300 di Leonida” contro le norme della legge 147/2013, che – per varie fasce pensionistiche –tagliava od annullava la rivalutazione automatica e imponeva un contributo di solidarietà ai “pensionati più ricchi”(!).
La sentenza 70/2015 della Consulta ha sancito l’illegittimità costituzionale di una parte “significativa” della legge 214/2011 ( il c.25 dell’art.24) , ossia di quella che negava – per gli anni 2012/2013- la rivalutazione dei trattamenti pensionistici superiori a 3 volte il minimo INPS (=502 euro lordi/mese,circa).
Renzi, con la legge 109/2015, ha totalmente disatteso lo spirito della sentenza citata, tagliando massicciamente la rivalutazione delle pensioni con importi da 3 a 6 volte il minimo INPS, fissando una serie di percentuali di rivalutazione, variabili negli anni passati (2012-2014-2014) e nel biennio 2015-2016. Nulla veniva riconosciuto, per l’intero periodo 2012-2016, alle pensioni superiori a 6 volte il minimo INPS.

La legge 109 è del 20/07/15. Passano 5 mesi, arriva la Legge di stabilità che, nel c. 286, modifica nuovamente le regole sulla perequazione delle pensioni all’istat, creando ulteriore confusione.
Infatti, il comma citato, non fa riferimento all’art.1 della legge 109/2015 ma si limita a modificare due parti del comma 483 della legge di stabilità del 2013 (147/2013), che limitavano al triennio 2014-2016 le rivalutazioni parziali delle pensioni superiori a 1500 euro lorde mensili.
Il c. 286 della legge 208/22013 estende le penalizzazioni fino a tutto il 2018, sostituendo la lettera e) della finanziaria 2013 (“per ciascuno degli anni 2015 e 2016”) con questa frasetta:” per ciascuno degli anni 2015,2016,2017,2018”.
Tutto chiaro? No! Perché il risultato-effetto della nuova norma porta a ripristinare le regole di Letta, cancellando quelle scritte da Renzi 5 mesi fa.

Nei fatti, Renzi, che per gli anni 2012-2016 non voleva rispettare la sentenza della Consulta (legge Renzi 1) ora ha modificato (consapevolmente?) la sua scelta estiva, facendo ritornare le % ai valori della Legge Letta, ossia a valori superiori a quelli da lui fissati a Luglio ma – comunque – irrispettosi della sentenza della Consulta in questione.
Dubitiamo che Renzi, tronfio qual è, abbia mai letto il c. 288 della sua legge di stabilità e che ne abbia valutato gli effetti. Se l’avesse fatto, avrebbe capito che il c. 288 della nuova Legge di stabilità avrebbe dovuto recepire in toto l’intero art. 1 della legge 109/2015 e non si sarebbe dovuto limitare a sostituire “ciascuno degli anni 2015-2016” con “ per ciascuno degli anni 2015,2016,2017,2018”, nella lettera e) del c. 483 della legge 147/2013.
Verrebbe da dire, Letta, ora, ha fatto uno “spiacevole regalo” all’ex rottamatore. Spiacevole, perché fonte di un esborso imprevisto e non voluto dal Premier.

CONSEGUENZE ECONOMICHE

Sono ben diverse da quelle volute da Renzi. Infatti, il c. 286 della legge 208/2015 afferma che il taglio della rivalutazione delle pensioni superiori a 3 volte il minimo INPS dovrebbe servire per 3 fini specifici. Il primo, la “copertura degli oneri ex c. 281 dellla presente legge”, ovvero il costo per l’accesso alla pensione anticipata delle donne con anzianità contributiva di almeno 35 anni e con una età di almeno 57 anni e 3 mesi (per le dipendenti) e 58 anni e 3 mesi (per le autonome). In altre parole, per l’opzione donna.
Il secondo, la “copertura delle minor entrate derivanti dalla riduzione fiscale ai pensionati ex c.290”, ossia dei pensionati a basso reddito (da 7.750 a 15.000 euro lordi/anno).
Il terzo, per la “salvaguardia della solidarietà intergenerazionale” (!).

Comunque sia, gli effetti di questi tagli non sono quantificati nella Legge 208/2015 che, a nostro avviso, quindi non rispetta né lo spirito né la sostanza della sentenza 70 della Consulta. Non ne rispetta lo spirito, perché trascina la mancata rivalutazione piena delle pensioni dal 2012 fino al 2018, un periodo troppo lungo per poter essere definito emergenziale. Non ne rispetta lo spirito, perche’ carica di compiti “ assistenziali” solo una categoria di italiani. Quella dei pensionati, tutelati solo se al limite della sopravvivenza e non tutelati se con pensioni lorde superiori a 1500 euro al mese.
Insomma, ancora una volta, la solidarietà “pelosa” viene imposta solo ai pensionati meno poveri, e non ai lavoratori attivi, a parità di reddito.

È mai possibile che un paese normale non trovi le risorse per finanziare l’opzione donna e la detassazione dei pensionati a basso reddito? La solidarietà intergenerazionale è, poi, una bufala enorme. Come se gli attuali pensionati non avessero pagato le pensioni a intere categorie che la politica aveva esentato (o quasi) dai contributi previdenziali e come se, in tutto l’ultimo decennio di depressione economica, ai padri e nonni pensionati non sia toccato (doverosamente) l’onere di aiutare i propri congiunti, con o senza un lavoro stabile e decente!

Per oggi, ci fermiamo qui. Ma questa è solo la prima puntata delle nostre riflessioni sui riflessi previdenziali ed assistenziali prodotti da quest’ultima Legge di stabilità. Un ennesimo carrozzone di norme a favore di molteplici interessi. Ma un carro vuoto per i pensionati e per chi, nella Pubblica Amministrazione, attende un contratto dal lontano 2009.

Stefano Biasioli,
Segretario Generale CONFEDIR

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