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Vi racconto cosa si dice a Mosca di Benedetto Croce

Lingotto, 5 stelle, molestie

Fa davvero impressione trovarsi a Mosca, e per di più in una università di scienze sociali (la dinamica e prestigiosa Alta Scuola di Economia), e scoprire che c’è tutta una schiera di intellettuali russi, di diverse età, che studia e conosce a menadito le opere di Benedetto Croce. E così può succedere che, grazie all’iniziativa della direttrice del nostro Istituto di Cultura, Olga Strada, il centocinquantesimo anniversario della nascita del pensatore napoletano, finora ignorato o quasi nel nostro Paese, sia celebrato da un convegno russo di due giorni che coinvolge molti studiosi e scandaglia diversi aspetti del pensiero e dell’opera del filosofo napoletano.

Essendo insieme a Paolo Bonetti e Rosalia Peluso (Giuseppe Bedeschi ha inviato una inedita relazione scritta che sarà letta oggi) l’unico italiano presente come relatore, ho cercato di pormi una domanda molto semplice: perché in Italia Croce viene ancora oggi considerato un pensatore “retrivo” e “provinciale” nel suo tempo e del tutto “inattuale” oggi? Io credo che su questo giudizio pesi ancora l’ipoteca esercitata sullo sviluppo della nostra cultura dall’ “egemonia culturale” del marxismo e dal pensiero di sinistra.

Riconsiderando lo sviluppo della nostra cultura, nel secondo dopoguerra, è evidente che abbiamo importato molte filosofie e mode culturali dall’estero, soprattutto dalla Francia (dall’esistenzialismo di Sartre alla biopolitica di Foucault), ma lo abbiamo fatto senza tener presente minimamente la nostra storia e la nostra tradizione culturale. Per di più, abbiamo iscritto questo nuovi pensieri in un orizzonte marxista e fortemente ideologico, asservendo in sostanza la filosofia alla politica, in modo più o meno consapevole. Pensavamo in questo modo di modernizzare il nostro pensiero, ma di fatto, per una sorta di eterogenesi dei fini, abbiamo dimostrato un forte provincialismo (è provinciale dimenticare la nostra tradizione e i nostri problemi) e abbiamo portato acqua a un mulino, l’ideologia marxista, che, lungi dal rappresentare il futuro, come pensavamo, era il portato di un passato per lo più tragico.
Tutto il contrario aveva fatto Croce, che si era posto invece il compito di dare un sistema di pensiero coerente con la sua storia alla “nuova Italia” nata dal Risorgimento. Nonché di inserire la nostra tradizione, quella che da Machiavelli e Vico giungeva a lui stesso, in un orizzonte europeo, in stretto dialogo con le altre tradizioni di pensiero.

Oggi che il clima culturale e geopolitico è più sereno, quei frutti maturano. Che a Mosca, come probabilmente in altre parti del mondo, si guardi all’Italia attraverso un pensiero straordinariamente ampio di spunti e fecondo quale è quello crociano, non significa che il pensiero di Croce sia attuale nel senso più banale del termine. Croce è attuale nel senso dei classici. Serve a capire il suo tempo e, indirettamente anche il nostro, come ha più volte sottolineato Giuseppe Galasso. E che tanti classici del pensiero ce ne sia anche uno italiano, è cosa di cui menar vanto superando il nostro nostro solito masochismo nazionale.

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